
da Sanremo
Ancora... nel 2025. «Non è un po' anacronistico?». Carlo Conti liquida così la consueta richiesta provocatoria di dichiararsi antifascista - fatta da Giuseppe Candela del sito Dagospia - nella conferenza inaugurale del Festival di Sanremo che comincia questa sera. «Certo, che problema c'è, lo dico, ma sono altre le cose che mi preoccupano...». Infatti la preoccupazione principale del conduttore-direttore è smorzare le polemiche, spegnere gli incendi, allontanare i pericoli. Salvo dimenticare di averle provocate lui stesso scegliendo cantanti che si sono portati dietro una scia infuocata come Emis Killa, Fedez e Tony Effe.
Ma, ora, è il momento di andare in scena, l'operazione marketing per creare curiosità attorno al Festival ha funzionato e quindi, bando agli spigoli, è ora di appianare. Per cui, chi gli chiede se l'assenza dei monologhi, come da lui rivendicata, è un modo per allontanare lo spettro delle interferenze politiche (come successo puntualmente in tutte le ultime edizioni, da Benigni a Rula Jebreal a Zelensky per fare solo alcuni esempi), rivendica: «Non ho avuto alcun tipo di indicazione o pressione politica». E aggiunge: «È solo una questione di tempo, abbiamo 29 cantanti in gara, dobbiamo sintetizzare e a volte una parola vale più di una conversazione». Del resto, nel tentativo di evitare guai, ha scelto soprattutto brani che parlano d'amore e tengono lontane le questioni sociali, salvo poi che l'imprevisto è sempre in agguato. Come la scelta di Fedez di cantare Bella stronza insieme a Masini venerdì nella serata dei duetti. Ma anche su questo tema, il modello educativo che questi cantanti maledetti trasmettono ai giovani, Conti, invitato a rispondere come padre (di Matteo, 10 anni), disinnesca la discussione: «Io sono cattolico e una delle parabole che mi piace di più è quella del figliol prodigo. Nell'educazione dei figli non si può demandare tutto alla televisione o ai cantanti. Ci sono i genitori che devono fare la loro parte».
Insomma, l'obiettivo è soltanto fare festa. Per questo ha chiamato accanto a sé Antonella Clerici e Gerry Scotti, in pratica il gotha della televisione italiana riunito sul palco. «Se riusciamo a trasmettere il modo che abbiamo di condurre e di intendere la vita e il nostro senso dell'amicizia - dice la conduttrice de La prova del cuoco - sarà una cosa molto bella». Il rivale (di palinsesto) Scotti invece si diverte a rispondere sulla possibilità che il prossimo Festival venga messo a gara, e quindi potrebbe acquisirne i diritti anche Mediaset. «Apprezzo la domanda molto futuristica, ma è più facile che io conduca il Festival qui alla Rai che Mediaset si prenda il baraccone Sanremo. Pier Silvio (Berlusconi) ha già detto che sta bene in Rai». E, in merito alla sentenza del Tar, il direttore Prime Time Ciannamea annuncia che la Rai - oltre al ricorso già presentato - farà una «proposta autonoma» al Comune di Sanremo.
Comunque, stasera parte la lunga maratona firmata ancora Rai. Il confronto con Amadeus e i suoi ascolti strepitosi sarà naturale.
«Non è una sfida, i numeri di Amadeus sono imbattibili. Lui e Fiorello hanno fatto cinque Festival incredibili. Non mi interessano gli ascolti, mi sveglierò alle 11». E, promette, almeno di mandare a letto gli italiani entro l'una e una quarto. Speriamo...
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