Il Cavaliere più spiato di Totò Riina

La residenza del presidente del Consiglio è stata sorvegliata per mesi. Neppure a Totò Riina è stato riservato un trattamento così spasmodico e ossessivo da parte degli investigatori. Assalto ad Arcore, la villa più spiata al mondo. SONDAGGIO I pm hanno abusato dei loro poteri? VOTA

Il Cavaliere più spiato di Totò Riina

Il cortocircuito tra Pro­cure, giornali e tv ha prodotto la scintilla tan­to attesa d­a chi vuole ve­dere Silvio Berlusconi fuori dal governo, meglio se an­che dai piedi. La verità, il di­ritto, la dignità di uomini e donne non contano. Centi­naia di frasi, prese a caso da migliaia di ore di intercetta­zioni, il cui contenuto non solo non è verificato ma che in molti casi è ambiguo e contraddittorio, sono sta­te date in pasto all’opinio­ne pubblica con il solo in­tento di provocare choc, in­dignazione, destabilizza­zione politica. Come ha scritto ieri Piero Ostellino in un articolo ben nascosto sul Corriere della Sera , in questa vicenda non è in gio­co il futuro del premier ma sono in ballo le libertà fon­damentali di un Paese che vuole poter dirsi civile e libe­rale. Cioè la libertà persona­le, libertà e inviolabilità del domicilio, di circolazione senza essere controllato, di parola senza essere ascolta­to. Tutto questo è stato cal­pestato da un’inchiesta che di giudiziario, come si evin­ce dalle quattrocento pagi­ne del primo faldone dispo­nibile, non ha nulla. Nessu­na delle decine di persone coinvolte ha messo a ri­schio gli interessi e la sicu­r­ezza della comunità o di al­tre persone, nessuna si dice vittima di alcuno.

Leggendo le carte, ades­so è chiaro che cosa è suc­cesso. Un potere dello Stato ha semplicemente spiato per mesi un altro potere (il capo dell’esecutivo) nel suo privato e all’interno del­la sua residenza privata usando costosissime tecno­lo­gie che hanno reso traspa­rente la vita domestica. Non solo è stata violata la privacy del cittadino Berlu­sconi, ma anche aggirata la legge che tutela (salvo auto­ri­zzazione del ramo del Par­lamento a cui si appartie­ne) le residenze e le segrete­rie politiche ( la villa di Arco­re è entrambe) di onorevoli e senatori.

Gli occhi elettronici e i mi­crofoni puntati su Arcore, si scopre oggi, hanno ricostru­ito e schedato addirittura un anno di frequentazioni. Chiunque ha oltrepassato il famoso cancello è diven­tato un attenzionato, un po­tenziale criminale, escort nel caso di signore e signori­ne. Una volta agganciato, l’obiettivo è stato intercetta­to per mesi. Chi una volta uscito ha espresso al telefo­no commenti o giudizi è fi­nito nella rete e ora si ritro­va nei guai. Non importa se quelle parole corrisponda­no a reati, a verità, a scher­zo, a millanteria, a opportu­nismo. Non c’è il minimo ri­scontro oggettivo. Non im­porta, per esempio, se la fa­mosa Ruby parlando con le amiche al telefono fornisce versioni in contrasto tra lo­ro, e se queste a loro volta so­no opposte a qu­anto dichia­rato negli interrogatori e an­cora diverse da quelle rac­contate ai giornali. Quale Ruby dice la verità sull’età, sui rapporti col premier, sui soldi avuti o chiesti? Nessu­na, perché lei, come accade a volte anche a noi comuni mortali, recita più parti in commedia a seconda degli interlocutori e della conve­nienza.

Su questa accozzaglia di parole è stato montato un processo che ricorda quel­lo dell’inquisizione. Il giudi­zio morale si trasforma in accusa penale.

Da parte di magistrati e uomini dell’in­formazione che rivendica­no la libertà di fare di notte nei loro letti ciò che meglio credono senza guardoni di Stato tra i piedi. Questa non è giustizia, è spazzatura e pure della peggiore.

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