Antonio Caprarica, ha sentito dello scivolone del «Times»?
«Che figuraccia... Gli inglesi lo definirebbero un blunder. E questo è un blunder gigantesco per la stampa britannica, deve ammetterlo anche un loro ammiratore come me».
E come sarà successo?
«È sbalorditivo. Conosco il corrispondente Richard Owen da anni, è un mio amico, è scrupoloso. E parla anche bene l’italiano».
Insomma non se lo spiega...
«Mi sembra micidiale. Un errore grossolano, dettato da pressapochismo. Stimo moltissimo i giornali inglesi e Owen, ma in questo caso...».
Il suo amico Owen potrebbe finire fra i gaffeur di cui parla il suo libro appena uscito, «Papaveri e papere»?
«Direi che si è guadagnato un posto d’onore. Lo inserirò nelle prossime edizioni. D’altronde il capitano dei gaffeur è un inglese, il principe Filippo».
Ma quest’errore non sarà dovuto al solito pregiudizio degli inglesi verso l’Italia?
«Non credo, Owen è innamorato del nostro Paese. Però è innegabile che ci sia un pregiudizio sugli italiani, popolo “pittoresco”. Anche se gli inglesi ci amano alla follia. E poi non capiscono il nostro approccio alla questione: per loro il divorzio del primo ministro sarebbe un dramma».
Perciò si sono tanto appassionati?
«Beh, questa vicenda è diventata un po’ un’ossessione per loro. Lo stesso Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, ha ammesso che gli stranieri adorano descrivere gli italiani in base a degli stereotipi: il complotto, la dietrologia, e i grandi affreschi erotico-sentimentali».
Ma non crede che con il premier inglese sarebbero stati più attenti a fare errori grossolani?
«Anche su questo la stampa inglese non è più quella di una volta... Io li difendo e li stimo, ma qualche anno fa perfino il Mail incappò in una bufala clamorosa sul Principe Carlo».
Che cosa è successo?
«Volevano pubblicare la storia di un amore omosessuale fra il Principe e il suo segretario personale. La fonte era un valletto, pagato 100mila sterline. Era una bugia colossale. Ma spesso l’imperativo dello scoop domina la stampa inglese. E a qualche volta può prendere la mano».
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