Chi lavora sta con Silvio

Ieri a Parma gli industriali italiani si sono comportati con Berlusconi nello stesso modo degli elettori alle ultime elezioni regionali. Gli hanno dato atto che ha fatto bene, nei limiti del possibile, e, al di là del chiacchiericcio diffuso, hanno dimostrato di saper discernere il fumo dall’arrosto

Ieri a Parma gli industriali italiani si sono comportati con Berlusconi nello stesso modo degli elettori alle ultime elezioni regionali. Gli hanno dato atto che ha fatto bene, nei limiti del possibile, e, al di là del chiacchiericcio diffuso, hanno dimostrato di saper discernere il fumo dall’arrosto.
Berlusconi ha detto che quello che il governo poteva fare ha fatto e che di più è difficile fare. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha chiesto entro due mesi un miliardo per ricerca e innovazione e un miliardo e mezzo per le opere infrastrutturali. Finalmente un incontro governo-Confindustria senza le estenuanti liturgie dove il governo promette tutto l’impossibile e gli industriali chiedono più dell’impossibile. Vediamo le ragioni di entrambi.
Il presidente del Consiglio ieri e il ministro dell’Economia Tremonti venerdì hanno rivendicato a se stessi, con chiarezza e senza troppi giri di parole, il merito di aver tenuto l’Italia lontana dal disastro dei conti pubblici evitando di ritrovarsi come la Grecia, la Spagna o l’Irlanda. Questo è stato fatto evitando da una parte la crisi economica non appesantendo il Paese con nuovo carico fiscale e, dall’altra, evitando la crisi sociale grazie agli ammortizzatori sociali e un nuovo patto sulla sanità.
Questo non è stato sufficientemente spiegato agli italiani. Pochi si rendono conto degli effettivi rischi che l’Italia ha corso in questi due anni. Pochi si rendono, conseguentemente, conto di quello che poteva accadere. Se ad esempio un giorno, di fronte al dissesto dei conti pubblici - e siamo stati sull’orlo del baratro - in molti non avessero più acquistato i nostri Bot, i Buoni ordinari del Tesoro, quelli che ogni giorno sono acquistati da molti italiani e stranieri perché credono ancora che lo Stato italiano sarà un giorno in grado di restituirli e nel frattempo di pagare loro gli interessi. Gli industriali questo lo sanno, altrimenti ieri a Parma non ci sarebbe stato il clima che c’era e, al posto degli applausi, ci sarebbe stato il silenzio, la freddezza e anche qualche fischio.
Gli ha dato ragione anche Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, sostenendo che Tremonti ha fatto bene e che la politica di bilancio a medio termine italiana è quella giusta.
Berlusconi ha anche citato un altro dato che potrebbe passare inosservato ma che è bene che non avvenga. Gli investimenti pubblicitari stanno ripartendo - ha affermato - e questo è uno degli indicatori certi della ripresa in atto. Quando, un imprenditore, inizia reinvestire in pubblicità televisiva, quella che fa vendere di più? Quando sente che i pericoli maggiori sono passati, che c’è una schiarita e che si può sperare - realisticamente - in una ripresa dei consumi. Cioè, in poche parole: quando il clima è cambiato. Non solo quello economico ma quello generale dell’ambiente che lo circonda.
I tre anni di governo che abbiamo tutti davanti sono una speranza che da anni non c’era. Sono un tempo utile per operare con forza e decisione. L’apertura di credito da parte degli industriali italiani non poteva essere maggiore. Diciamo la verità.
L’energica presidente degli industriali italiani ha chiesto entro due mesi soldi per la ricerca e per le infrastrutture. Cosa vuol dire? Che non ha chiesto finanziamenti a fondo perduto per le singole imprese. Ha chiesto investimenti che servano a tutte le imprese. Quando era ancora di moda, si sarebbe potuto dire che ha chiesto una politica liberale che non aiuta i singoli ma che crea le condizioni perché i migliori ce la facciano. Ha chiesto anche che nei prossimi tre anni si risparmi ogni anno l’equivalente dell’uno per cento del Pil sulla spesa improduttiva. Richiesta sana e intento nobile. Ma dove si deve tagliare? Qualche indicazione in più sarebbe benvenuta. Anche perché, tutte le volte che in Italia si deve tagliare la spesa pubblica, gli italiani si comportano come i bambini di fronte alla siringa del medico: scappano ancora prima di verificare se ci sarà dolore o no.
La Marcegaglia ha fatto il proprio lavoro e - dobbiamo essere onesti - non ci fa rimpiangere proprio nessuno. Ma il clima di ieri è ciò che conta: un clima di consapevolezza delle difficoltà, delle prospettive e un’apertura di credito notevole.


Ora tocca al duo «SG», che è l’acronimo dello Slalom Gigante ma sono anche le iniziali di Silvio e Giulio che quello slalom dovranno fare tra i conti pubblici per ottenere due risultati: tenerli in ordine e dare respiro all’economia italiana.

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