Giù dallo Stelvio senza manubrio: il record di Giuliano Calore

Padovano, fino ai quarant'anni placido impiegato dell'Enel, poi trafitto da quella scintilla: le due ruote, ma senza freni né manubrio

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Forse sognava già di pedalare mentre stava seduto dietro a quella scrivania, ma fino a quel momento non ci aveva mai provato sul serio. D'accordo, qualche corsa con gli amici, quell'elettrico spasmo di gioia quando capiva di andare più forte degli altri, la sensazione che tutta quella fatica gli piacesse un mucchio. Ma Giuliano Calore da Padova, a 39 anni, pensava principalmente al suo lavoro all'Enel, alla famiglia e alla sua potente passione per la musica.

Però gli piaceva pure la bicicletta. Allora si era messo alla prova, da comunissimo Normal One, sgomitando sui tracciati dei circuiti dilettanteschi. Tre gare, tre successi. Abbastanza per crederci un po' di più. Calore però aveva subito capito che non poteva accontentarsi. Non gli bastava vincere un normale duello in bicicletta: voleva gareggiare contro i limiti del suo corpo. Era il 1979. Nasceva in questo modo un recordman alquanto improbabile. Perché il placido impiegato Giuliano mutava, improvvisamente, nell'atleta indomito che coniava una specialità assurda: correre su una bici senza manubrio e senza freni. Anzi, salire e scendere.

Perché quelle gambe che esprimevano la potenza di un aliscafo lui voleva impegnarle in una sfida assurda: salire al passo dello Stelvio, senza usare le mani o appoggiare i piedi. La gente ammucchiata ai bordi dei tornanti, quell'anno, aveva sorriso compiaciuta: ma dove voleva andare questo? Quelli che lo conoscevano meglio però non muovevano un muscolo. Sapevano che poteva farcela sul serio. E infatti, 45 anni fa, Giuliano Calore domava la gigantesca montagna ammutolendo tutti quanti. Aveva appena inventato un nuovo sport, il ciclismo estremo. I riflettori del Guinnes dei primati si erano voltati in sincrono.

Anche perché a lui mica bastava. Nel libro dei record ci sarebbe entrato, da allora, per 13 volte, "Ma soltanto perché i filmati Rai non vengono contati come prove, sennò sarebbero stati di più", giura. Su e giù da quei 48 infidi tornanti, quindi, dal momento che Calore non si accontentava di compiere lo sforzo immane di salirli. Si era messo anche a discenderli, riuscendo a trovare la traiettoria di curva ideale soltanto con la forza del movimento corporeo, oscillando al momento giusto, aprendo le braccia come per planare lievemente, accarezzando la ruota della sua normale bici da corsa con un piede.

Neppure le condizioni climatiche più avverse potevano dissuaderlo: nel 1986 sullo Stelvio precipitò una abbondante nevicata, ma lui se ne fregò e salì lo stesso quei 1842 metri di dislivello a bordo della sua bici monca. Che avrebbe anche potuto appendere, dopo tutti quei trionfi. Macchè: insaziabile, all'età di 77 anni - era il 2015 - Calore si era messo in testa di combinarne un'altra.

Discendere lo Stelvio, di nuovo, ma questa volta di notte, circondato da un buio color petrolio che veniva infilzato soltanto dalle tenui emissioni delle torce. Da quell'ennesima impresa sarebbe nato anche un film, "48 tornanti di notte". Niente male per uno che per mezza vita era rimasto seduto dietro una scrivania.

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