Nel 1818, a Londra, sul mercato vengono lanciate due novità: la bara in ferro, anziché in legno, brevettata da Edward Bridgman e la prima edizione di Frankenstein. Entrambi gli articoli sono destinati al successo: Bridgman, un fabbricante di candele di sego, diventa ricco; il romanzo vende cinquecento copie, un antipasto della sua immortalità. Ciò che hanno in comune, la bara in ferro e il libro, ce lo racconta La donna che scrisse Frankenstein, dell'argentina Esther Cross (La nuova frontiera, pagg. 152, euro 16,90). Non si tratta di un'ennesima biografia di Mary Shelley ma, piuttosto, di una «rilettura» della vita della scrittrice britannica dal punto di vista... dei corpi. Non solo vivi, si capisce: Mary Wollstonecraft Godwin (1797-1851), figlia di due celebrità del mondo intellettuale dell'epoca, orfana, predestinata alla letteratura, era cresciuta fra i cimiteri, adorava farsi un giro a Saint Pancras per sedersi a leggere sulla tomba della madre (spesso aveva fra le mani l'Essay on Sepulchres del padre William Godwin...) e proprio su quella tomba incontrava di nascosto Percy Bysshe Shelley, quando lui era ancora sposato con la moglie Harriet.
Ma nella Londra dei primi decenni dell'Ottocento i cimiteri erano luoghi frequentatissimi anche dai trafugatori di cadaveri: infatti, la medicina scopriva il desiderio di progredire e i dottori, di conseguenza, la necessità di procurarsi materiale su cui fare esercizio. I chirurghi erano odiati e temuti dalle folle quanto i ladri di spoglie: perciò Bridgman fece fortuna con la sua bara inespugnabile... C'è una continuità quasi carnale fra la città e l'immaginario della madre di Frankenstein: «Mary Shelley, scrittrice della Londra nera, in realtà della Londra nera fu una delle principali fondatrici» scrive Cross. E ancora: «Sui tavoli di dissezione gli anatomisti leggono, discutono, interpretano i corpi; al suo tavolo di lavoro, Mary osserva il professore di anatomia e i suoi studenti: disseziona la dissezione. Scrive la storia di una creatura composta da più pezzi tenuti insieme da suture, scrive di corpi stravolti e di trapianti». A un certo punto, la morte domina la sua esistenza: tre figli su quattro non le sopravvivono, il naufragio di Shelley, la morte di Byron, il suicidio della sorellastra...
Di ciascuno, Mary porta con sé una reliquia, un pezzo di vita e di anima: con loro è sepolta a Bournemouth, il mare d'Inghilterra. C'è anche il cuore dell'amato Shelley, che ha portato sempre con sé, avvolto nella prima pagina della poesia Adonaïs.
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