The Lord of the Rings, il capolavoro di J.R.R. Tolkien, uscì in Gran Bretagna tra il 1954 e il 1955, e in breve diventò uno dei libri più letti al mondo, con decine e decine di traduzioni. Eppure la storia editoriale di questa trilogia è stata tribolata e piena di colpi di scena, soprattutto in Italia. Nel nostro Paese Il signore degli anelli è arrivato con ben sedici anni di ritardo. Il tutto dopo due rifiuti della Mondadori e un tentativo fallito della Astrolabio. Ci volle il gruppo di lavoro di Rusconi capitanato da Alfredo Cattabiani, che fu capace di intravedere dietro alla «fiaba» il puro genio letterario di Tolkien.
Ma la pubblicazione, nel 1970, vede crearsi attorno al libro una diatriba politica tutta italiana. Mentre negli Usa la Terra di Mezzo diventava rapidamente un luogo mitico per la cultura hippie, a colpi di magliette con gli hobbit, in Italia i mezzuomini della Contea diventavano un'icona per la destra. Nel frattempo, la sinistra decideva di affilare le armi contro il borghese e tradizionalista Tolkien, proprio a partire dal fatto che era stato pubblicato da Rusconi e dal temuto Cattabiani. Per capire come sia potuto capitare niente di meglio del saggio appena pubblicato da Velania La Mendola per i tipi di Luni Editrice: Tolkien e Il Signore degli anelli. Storia editoriale di un capolavoro (pagg. 160, euro 20).
La Mendola, filologa moderna e studiosa dell'editoria, ricostruisce nel dettaglio questo percorso complesso con grande erudizione. Innanzitutto chiarisce bene l'intuito geniale del gruppo Rusconi. Intuirono, per usare le parole dell'autrice «il carattere universale dell'opera di Tolkien» e dall'altro «fecero affidamento su lettori interessati a forme narrative distanti dai testi impegnati della seconda metà degli anni Settanta». Nacque così un successo coltivato con cautela, le prime tirature non superarono le 2mila copie, ma nel giro di un anno si arrivò alla terza edizione. Nel frattempo il testo, inevitabilmente, nel contesto italiano si caricò di valenza politica. A sinistra il fatto stesso che venisse pubblicato da Cattabiani fece sì che il partito degli intellettuali di sinistra lo etichettasse rapidamente come un prodotto del più bieco e reazionario irrazionalismo. Il fantasy di Tolkien era percepito come opposto al realismo magico dei sudamericani, all'epica di Pratolini e alle metafore di Calvino.
La ricezione a destra fu del tutto diversa. Per citare uno dei grandi esperti del Fantasy italiano, Gianfranco de Turris: «La narrativa di Tolkien e la heroic fantasy erano per così dire più connaturate all'animus del ragazzo di destra, al suo modo di vivere e di sentire, alla sua mitologia personale e collettiva». I giovani militanti del MSI accolsero Tolkien nel loro pantheon, dando vita a gruppi musicali come La Compagnia dell'Anello, a testate militanti come La Contea o Eowyn, la rivista femminile che prendeva il nome da uno dei personaggi della trilogia, l'eroina più coraggiosa e combattiva della saga, la donna travestita da uomo che uccide il Re Stregone di Angonar. Nel frattempo nacquero i campi Hobbit per aggregare e avvicinare anche persone non politicizzate sfruttando la fama del libro. Il tutto dando una lettura al Signore degli anelli anche sulla base dell'esoterismo di Julius Evola, a sua volta inglobato da parte dell'Msi. Il primo campo Hobbit organizzato dal Fronte della Gioventù si svolse a Montesarchio, vicino a Benevento, tra l'11 e il 12 giugno 1977. Tra i promotori, di area rautiana, vale la pena di ricordare Generoso Simeone, Marco Tarchi, Nicola Cospito.
Nel frattempo Il signore degli anelli nella sua edizione italiana stava proseguendo il suo successo al di là di qualsiasi interpretazione politica. Nel 1974 Rusconi passò all'edizione tascabile. Intanto l'editoria italiana si era data una svegliata su Tolkien: nel 1973 per i tipi di Adelphi esce Lo Hobbit o la riconquista del tesoro. L'Einaudi invece pescò nella produzione tolkieniana declinando per i più piccoli Il cacciatore di draghi (nel 1975). Nel 1977 l'edizione tascabile uscì in un unico volume e l'introduzione di Elémire Zolla fornì una interpretazione del volume che dovrebbe far riflettere, come segnala Velania La Mendola: «Non a caso The Lord of the Rings è diventato cosi popolare, i bambini vi si ambientano subito e i dotti godono tanto a decifrarlo quanto a restare giocati da certi suoi enigmi puramente esornativi. Si rimane stretti in una maglia ben tessuta...
Perché opera di cosi impalpabili forze, The Lord of the Rings si divulgò smisuratamente, senza bisogno di persuasioni o di avalli, perché parlava per simboli e figure di un mondo perenne oltre che arcaico».Abbastanza per non aver più voglia di tirare Tolkien per la giacchetta o peggio stravolgerne la lettura. Ma a sinistra non sempre questa voglia è passata.
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