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Così si diventa "Forse un altro"

Amore, Morte, Fortuna: le maschere rivivono in chiave post moderna

Non c'è bisogno di andare lontano. Le avventure della vita stanno tutte nella tua testa. Ci trovi tutti i demoni che non sei riuscito a scansare, quelli che hai evocato, i consiglieri maledetti e fraudolenti, le cose che hai perduto, per colpa tua, per sfiga, per distrazione, perché non avevi capito a cosa servissero. Ci trovi la carcassa di un amore, che ti ostini a sentire reale, come l'ultimo istante ripetuto all'infinito di una storia che sta andando in malora. Ci trovi pure quello che vorresti essere e, purtroppo o per fortuna, non sei. È il gioco beffardo degli dèi. Se non sei ciò che volevi essere maledici l'opportunità perduta. Se sei ciò che speravi di essere rimpiangi quello che non sei più. Non c'è via d'uscita. È quello che capita a Mike Raft, che non ha più trent'anni e non ne ha ancora quaranta, professione sognatore avariato e con una vaga idea di farla finita. Il suo maggior talento è immaginare cosa sarebbe potuto essere e non è stato, con l'abilità non comune di vivere soltanto ciò che non è. Forse un giorno la sua abilità gli sarà utile per sopravvivere, senza angosce, nel metaverso. Per ora passa il suo tempo a ascoltare Sugar Baby Love, successo raro dei Rubettes, che ha avuto una cover italiana di Mino Reitano: Dolce Angelo.

È lui l'io, il personaggio che racconta, quello che in qualche modo potrebbe pensare di essere il protagonista. Il romanzo è Forse un altro (Arkadia, pagg. 194, euro 16). Quella di Michele Zatta è una danza macabra, con la morte che entra nella vita quotidiana e ti costringe a fare i conti con quello che sei. Senza la morte la vita è qualcosa di decisamente assurdo. Non si spiega. È il non senso dell'eternità. È con la morte che la vita esiste e diventa il più ingarbugliato dei misteri. La danza macabra di Zatta è però irriverente, caustica, con un'ironia disincantata che prende per i fondelli utopie e disillusioni. La magia è la scelta di ispirarsi ai morality play del tardo Quattrocento, drammi allegorici e sofisticati sulla condizione umana. Il più noto è Everyman, di cui per ironia della sorte non si conosce neppure l'autore. È il tentativo goffo e inutile di «ognuno di noi» di scampare alla morte cercando di corromperla. Zatta riporta in scena gli stessi personaggi, immergendoli nella post modernità, e li mette al fianco di Mike Raft. Ecco allora la Morte, il Destino, la Vita, il Sesso, la Fortuna, la Menzogna e più di tutti Amore, eterna bambina, salire sulla scena, fermando il tempo, lasciando che la realtà entri in sospensione. Mike in questo limbo ripercorre tutti gli incroci decisivi della sua vita. Non sa che il segreto è sbagliare. «Mike si concentra, punta il canestro e scocca un tiro. Fuori. Recupera la palla. Un altro tiro. Fuori. La ragazza lo nota e si ferma a guardarlo.

Quell'uomo, vestito in modo improbabile, con quel buffo berretto bianco, suscita tenerezza e simpatia. Come si fa a sbagliare sette tiri di seguito?». La ragazza resterà a guardarlo, per tutto il tempo che sarà possibile.

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