Diversi tra loro per idee, biografie, carriere. Sono politologi, sociologi, romanzieri, filosofi, giornalisti. In Francia hanno appiccicato loro l'etichetta (malevola) di «neo-reazionari». In realtà alcuni neppure possono essere considerati di destra, tanto è vero che lo sforzo per catalogarli ha prodotto ircocervi come «neo-con di sinistra». In comune però hanno l'attenzione verso temi «di destra»: lo scetticismo sulla globalizzazione dei mercati; l'accento sui problemi dell'istruzione; l'insistenza sulla laicità dello Stato; la riflessione sul concetto di identità nazionale; il rifiuto della immigrazione incontrollata e la critica dei suoi riflessi culturali, soprattutto nel caso di quella islamica; l'ostilità verso il multiculturalismo al quale preferiscono l'integrazione nella cornice dei valori repubblicani; il dissenso verso l'Europa dei burocrati. Questa «agenda» si è imposta nel dibattito pubblico.
Ecco un piccolo quadro dei libri che Oltralpe tengono banco. Puntiamo soprattutto su nomi di richiamo anche in Italia e sulle uscite più recenti, alcune previste nell'immediato futuro anche dalle nostre parti. La rassegna è parziale: si potrebbero aggiungere anche libri appena più lontani, come Du diable en politique: Réflexions sur l'antilepénisme ordinaire (CNRS, 2014) di Pierre-André Taguieff o La France Peripherique. Comment on a sacrifié les classes populaires di Christophe Guilluy (Flammarion, 2014) o Elogio delle frontiere di Régis Debray (ADD, 2012). Senza dimenticare le analisi del mensile Causeur diretto da Elisabeth Lévy o le riflessioni controcorrente di un intellettuale come Renaud Camus.
Partiamo, per comodità, dalla letteratura. Infatti è fresco di stampa, in Francia, Houellebecq 1991-2000 (Flammarion) di Michel Houellebecq. Il suo Sottomissione (Bompiani) è stato il caso editoriale del 2015. Uscito quasi in coincidenza della strage di Charlie Hebdo, il romanzo immagina l'islamizzazione della Francia. Una trasformazione non traumatica. A Parigi, come nel resto d'Europa, la libertà è ormai avvertita come un fardello. Il primo volume delle opere complete canonizza in vita Houellebecq, fatto inconsueto. Nel volume di oltre 2000 pagine, si va dalla biografia dell'anti-moderno Lovecraft al turismo sessuale come forma d'oblio di Lanzarote. In mezzo ci sono i bestseller Estensione del dominio della lotta e Le particelle elementari. I temi sono la decadenza dell'Europa, l'alienazione dello stile di vita capitalistico, la convinzione che l'individuo sia un'illusione pronta a dissolversi davanti a quelle quattro regole sociologiche, ben note al marketing, che spiegano quasi tutti i nostri comportamenti. Proprio Houellebecq ha indicato nel romanzo 2084. La fine del mondo (Gallimard, in Italia uscirà a maggio per Neri Pozza) dell'algerino Boualem Sansal un tentativo di affrontare gli stessi temi di Sottomissione in modo ancora più radicale. In Abistan, c'è una spietata teocrazia in cui tutti sono sottomessi alla legge divina di Yölah. Questa distopia islamista affonda le radici nel 1984 di Orwell. Come in 1984 i solerti discepoli di Yölah hanno inventato una neolingua per intrappolare il pensiero, cancellato il passato e imposto il terrore. In Francia è andato benissimo. L'autore non si può ascrivere al gruppo «neo-reazionario» ma proprio per questo la sua opera testimonia quanto le idee conservatrici siano diventate moneta comune.
Alain Finkielkraut ha pubblicato nell'ottobre dell'anno scorso La seule exactitude (Stock), antologia di interventi che accompagnano la cronaca degli anni 2013-2015. Il filosofo riflette sull'identità sempre più incerta della Francia, messa a dura prova dalle rivendicazioni di un'immigrazione che rifiuta, per la prima volta, di integrarsi. Tra i molti spunti, la polemica contro l'islamofobia, la «secessione» culturale delle periferie musulmane, la necessità di ricostruire la scuola.
Da segnalare anche la ristampa di Sii sottomesso (Piemme, 2015) di Éric Zemmour che si offre come chiave di lettura del capodanno con stupro di Colonia. Da una parte, dice Zemmour, c'è una Francia materna e accogliente, dall'altra un islam «machista» che della dignità femminile si fa beffe. Se la femmina Francia (ma il discorso vale per l'intero Occidente) non tornerà virilmente combattiva, sarà violentata. Scrive Zemmour. «Intorno al Mediterraneo, la paura della femminilità si regola da sempre con una virilità esagerata, sovraccaricata, e nascondendo i richiami della sensualità femminile, capelli e caviglie, seno e fianchi, sotto vesti ampie, informi. Gli arabi delle nostre città reagiscono così. I più religiosi obbligano le sorelle a portare il velo. Gli altri esigono dalle ragazze che portino gli stessi loro vestiti, tuta e scarpe da tennis. Così, travestite da ragazzi, fanno meno paura.
Se insistono a voler essere più femminili, a voler fare paura, a sfidare la loro virilità incerta e fragile, allora, per poterle desiderare, per essere sicuri di eccitarsi, applicano l'altro sistema maschile, il piano B dell'uomo fin dall'homo sapiens, il disprezzo manifesto, tanto più rabbioso e violento quanto più sia turbato e inquieto».Quando uscì in Francia, nel 2006, il libro sollevò un dibattito acceso per la tesi ritenuta allora controversa. Oggi possiamo considerarla semplicemente lungimirante.
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