"Accuse non provate". Ancora un assist delle toghe alle Ong

Sea Eye, bloccata in porto per due mesi, ha ricevuto responso positivo dal giudice di Reggio Calabria e ora "chiama" la Germania: "Abbiamo bisogno del sostegno politico del governo federale, l'Italia ignora i diritti del nostro Stato di bandiera"

"Accuse non provate". Ancora un assist delle toghe alle Ong
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Mercoledì 5 giugno, il tribunale di Reggio Calabria ha accolto il ricorso della nave Ong tedesca Sea Eye contro il blocco amministrativo imposto dalle autorità italiane alla nave lo scorso 4 marzo. La nave tedesca è stata la prima a subire uno stop di 60 giorni a fronte di un comportamento recidivo riconosciuto dalla procura calabrese ma il giudice, scrivono dalla stessa Ong, "non ha ritenuto provate le accuse secondo cui l'equipaggio della nave non avrebbe seguito le istruzioni della cosiddetta guardia costiera libica". Una decisione che, a differenza di altre che le organizzazioni hanno ottenuto entro il limite dei 20 giorni di blocco, è arrivata a oltre 3 mesi dal ricorso, con la nave già tornata in mare.

Il ricorso della Ong

L'accoglimento da parte del giudice del ricorso effettuato dall'organizzazione, come si legge nella sentenza, è figlio di una insufficiente produzione di prove da parte delle autorità italiane e non anche, come avrebbero voluto i ricorrenti, dell'incompetenza territoriale del provvedimento emesso. Nella ricostruzione fatta dai rappresentanti della Ong, infatti, si dichiara che, essendo la Sea Eye una nave battente bandiera tedesca ed essendo che l'intervento è stato svolto in acque internazionali, l'Italia non abbia alcuna autorità sulla loro imbarcazione. Una ricostruzione fallace che Gorden Isler prova di portare avanti ormai da tempo, tentando di delegittimare l'autorità italiana sull'intervento amministrativo a carico delle navi Ong straniere, che sono la maggior parte. Tuttavia, nel momento il cui il capitano chiede un Pos (Place of safety) all'Italia, che assume il coordinamento dell'operazione, è l'Italia ad assumere anche l'autorità amministrativa sulla nave.

La richiesta di intervento alla Germania

Ed è pertanto stucchevole la continua richiesta, ribadita anche in questa occasione, di un "sostegno politico del governo federale, perché l'Italia ignora anche i diritti del nostro Stato di bandiera con le sue determinazioni illegali delle navi di salvataggio tedesche". Ed è altrettanto provocatorio, da parte della Ong tedesca, muovere la pretesa "ai ministeri competenti di prendere la sentenza come un'opportunità per sostenere la fine di questa pratica in Italia". Ovviamente, dalla Germania nessuno ha mai dato seguito alle richieste di Isler, che per evitare di sottoporsi all'autorità italiana potrebbe chiedere il Place of safety al suo Paese di bandiera che, in quanto tale, è formalmente obbligato a concederlo.

La falsa dichiarazione di rotta della Ong

Al di là della decisione del giudice di Reggio Calabria, la cui sentenza in favore del ricorso dell'organizzazione è definitiva, nel documento del tribunale sono riportate anche le rimostranze delle autorità italiane che si sono opposte. In particolare, è stato evidenziato che al momento dell'uscita dal porto di Porto Empedocle, dove era ormeggiata, il 29 febbraio la nave tedesca ha dichiarato alle autorità che si sarebbe diretta verso Burriana, in Spagna. La dichiarazione di porto è obbligatoria ed è quella la rotta che dovrebbe assumere la nave. Invece, contestano le parti italiane, la nave tedesca ha intrapreso la rotta opposta, dirigendosi verso il Mediterraneo meridionale.

La rotta "insolita" del gommone di migranti

E a questo si aggiunge che, come si legge nella sentenza, il gommone in difficoltà segnalato dalla Ong, seguiva una linea di rotta inusuale. "La rotta mantenuta dal gommone era assai insolita giacché, anziché dirigersi verso il punto di costa più vicino, ossia l’isola di Lampedusa, lo stesso si dirigeva in direzione opposta, ossia verso nord-nord-ovest, ossia in direzione della Sea- Eye 4", si legge nella sentenza, che riporta per punti l'impianto delle autorità italiano che si sono opposte al ricorso.

Tuttavia, il giudice ha contestato questo passaggio, in quanto lo inserisce in "una serie di elementi presuntivi (in alcuni casi congetturali e comunque non decisivi)" dai quali "si dovrebbe ricavare una sorta di previo contatto tra la Sea Eye 4 ed il gommone dei migranti in distress". E attenendosi solo ai fatti processualmente accertati, ha dato ragione alla Ong.

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