Sedici anni e quattro mesi di reclusione per omicidio pluriaggravato, ovvero il massimo della pena tenendo conto del rito abbreviato e della minore età dell'imputato al momento del delitto. Così si è espressa nelle scorse ore la Corte d'Appello di Bologna, confermando la condanna di primo grado per il giovane killer (oggi diciottenne) di Chiara Gualzetti, la quindicenne uccisa il 27 giugno del 2021 nei pressi dell'Abbazia di Monteveglio (nella provincia bolognese). Nelle scorse udienze, erano stati sentiti il perito del tribunale e tutti i consulenti sulla capacità di intendere dell’adolescente al momento di portare a termine l'assassinio, visto che quest'ultimo asseriva di aver agito spinto da un demone. Nell'udienza di ieri, in aula era presente la madre dell'imputato, mentre la famiglia della vittima non ha potuto assistere in quanto non sono ammesse parti civili nei processi minorili. Già, perché al momento dei fatti, nessuno dei due protagonisti di questa drammatica vicenda era maggiorenne.
L'aggressione e l'assassinio
Il cadavere della giovane appassionata di tiro con l'arco fu rinvenuto a poche centinaia di metri da casa, dopo una ricerca iniziata nelle ore precedenti. Era uscita per una passeggiata con un amico, ma non aveva più fatto ritorno e i genitori avevano preso allertato i soccorritori. Fino alla drammatica scoperta: la ragazzina giaceva priva di vita in una scarpata, mentre il corpo presentava segni di percosse e coltellate. Presentava in particolare ferite alla gola e al torace, visibilmente inferte con un'arma da taglio. L'attenzione degli investigatori si focalizzò subito sul sedicenne che l'aveva invitata a passeggiare: un ragazzo introverso, del quale (come emerso durante le indagini) Chiara si fidava. Ma che invece, durante il tragitto, l'aggredì all'improvviso sino ad ucciderla.
"Un demone mi ha ordinato di ucciderla"
Messo alle strette, l'allora sedicenne confessò tutto ai carabinieri di Borgo Panigale. E la sua confessione lasciò tutti di stucco: affermò di aver già tentato una volta di uccidere l'amica e di averlo fatto in quanto costretto da un'entità demoniaca. "Avevo già provato l'impulso fortissimo di uccidere Chiara, ma avevo desistito visto che erano presenti altre persone - le parole del diretto interessato - ho fatto davvero fatica a trattenermi, ma quell'idea mi è rimasta in testa perché avevo promesso al demone di agire sul serio, sperando mi lasciasse in pace per un po'". Ammise quindi di averle chiesto un incontro nei pressi dell'abbazia, incamminandosi verso la collina. E con la promessa di un regalo, la accoltellò per poi finirla a calci e pugni. "L'ho poi presa a calci in faccia fino a quando non è morta - si legge nel verbale - ricordo che non voleva morire e mi sono stupito di quanto fosse resistente il corpo umano".
Il verdetto della Corte d'Appello
Troppe le prove contro di lui, quindi. Tant'è che pur considerando le attenuanti sopracitate, il giudice di primo grado tenne conto anche delle aggravanti rappresentate dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minore età della vittima.
E i giudici d'Appello, pur riconoscendo la necessità di un approfondimento (ed accogliendo quindi la richiesta presentata dalla difesa, per quanto concerne l'opportunità di sentire i periti in contradittorio) si sono espressi a favore della conferma della pena. Le motivazioni della sentenza saranno quindi depositate entro i prossimi novanta giorni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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