
Che cosa c’è scritto nelle chat desecretate nel caso Becciu? Che quel processo è nullo perché frutto di una macchinazione. Non sappiamo (ancora) il contenuto degli omissis tra le conversazioni telefoniche via whatsapp tra il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi (pm del processo all’ex sostituto della Segreteria di Stato monsignor Angelo Becciu), la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui voluta da Francesco nella Commissione per la trasparenza finanziaria Cosea nel 2013 (condannata nel 2017 a 10 mesi per rivelazione di notizie riservate nel processo Vatileaks II) e Genevieve Ciferri, sodale e amica del supertestimone contro Becciu, vale a dire il suo ex collaboratore e amico monsignor Alberto Perlasca.
Ma c’è un altra chat che il Giornale può rivelare. È stata acquisita dal relatore speciale dell’Onu Margaret Satterhwaite, che gestisce l’ufficio che vaglia l’indipendenza dei giudici all’interno dei processi dopo la denuncia dei legali del finanziere italo-inglese Raffaele Mincione, condannato dal Vaticano per la presunta speculazione finita male dietro la compravendita del palazzo di Sloane Square a Londra e per la gestione dei fondi della Segreteria di stato ma «scagionato» dal tribunale inglese che ha fatto strame di quella sentenza.
È quella tra la Ciferri e la Chaouqui di cui si è parlato nei giorni scorsi. Nelle chat si parla del memoriale Perlasca, decisivo per incriminare Becciu, poi condannato a cinque anni e sei mesi per truffa e peculato (senza intascare una lira) ma frutto di un lavoro congiunto delle due donne che più volte citano contatti con Diddi. Come se un pm e due persone estranee al processo si mettessero d’accordo su come addestrare il supertestimone dell’accusa. L’esistenza delle chat omissata era nota a chi ha seguito il processo, grazie alla determinazione dei legali di Becciu Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, che non da oggi parlano di «macchinazione» ai danni dell’alto prelato e che già a processo, con le loro domande all’ex collaboratore di Becciu erano riusciti a stanare la versione evidentemente concordata che aveva retto solo il giorno prima quando le domande gli erano state rivolte solo dal Promotore. Ma di questa conversazione che riveliamo oggi nessuno sapeva nulla fino all’anticipazione del «Domani».
A imbeccare le due donne, secondo i legali di Mincione guidati da Gian Domenico Caiazza, Andrea Zappalà, Ester Molinaro e Claudio Urciuoli che avrebbero avuto la chat dalla Ciferri sarebbero stati lo stesso Diddi e i vertici della gendarmeria di Stato guidata da Gianluca Gauzzi.
Della chat omissata erano stati rivelati e prodotti a processo sono otto messaggi su 126, nel primo dei quali la Ciferri si duole con Diddi per la figuraccia di Perlasca, incalzato dalle domande dei legali di Becciu. In questi messaggi, secondo il «Domani» che li avrebbe visionati, la Chaouqui fa capire di avere notizie sull’inchiesta prima che venga formalizzata e una volta aperto il processo è lei che tira più volte in ballo proprio il Promotore di Giustizia Diddi come suo suggeritore. Il fatto che ne siano stati omissati quasi 120 è una circostanza che fa riflettere, così come l’iscrizione di un procedimento sulla corrispondenza di cui si sono perse le tracce. Il Tribunale consentì che questa apertura di fascicolo impedisse alle difese di venire in possesso delle chat integrali. Gli imputati dovevano “accontentarsi” delle briciole… solo 8 messaggi su 126…
Oggi sappiamo anche che la Chaouqui e la Ciferri si scambiavano messaggi - oggi desecretati - nei quali si legge «il processo a Becciu è nullo» e ancora «se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine». Non solo. Il Tribunale vaticano era presieduto all’epoca da Giuseppe Pignatone, diventato cittadino di Sua Santità come gli altri componenti del collegio, e lo stesso Diddi, qualche giorno prima della sentenza di condanna di Becciu, grazie a un motu proprio del Papa scoperto dal «Giornale» che ha permesso ai due di cumulare anche stipendio e pensione vaticana con gli emolumenti italiani, di cui si parla anche nel libro di Mario Nanni.
Nelle chat in mano ai legali di Mincione si parlerebbe anche di alcune conversazioni private e di un audio in cui Perlasca legge il memoriale con le accuse a Becciu, che poi la Chaouqui avrebbe girato a Papa Francesco prima del processo per farle sentire a Bergoglio, come poi la lobbista ammetterà. C’è un altro messaggio in cui si legge: «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di desecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine», il messaggio completo.
Per toglierci anche l’ultimo dubbio siamo andati a rileggerci i verbali su Perlasca, finito assolto da tutte le accuse e riabilitato in Vaticano con un incarico di prestigio e i conti dissequestrati, a differenza dell’ex prefetto della Congregazione delle cause dei Santi Becciu, cui il Papa prima del processo ha già tolto ogni diritto cardinalizio e ogni incarico. Come ricostruito a processo, quando mesi prima Perlasca finì nel mirino del Vaticano, subì quasi lo stesso trattamento: venne interrogato per 11 ore dal Promotore di giustizia, gli vennero sequestrati i conti presso Ior e banche italiane, venne sollevato dal suo incarico di Promotore aggiunto presso la Segnatura, allontanato da Santa Marta, con cittadinanza e stipendio revocati. Per mesi provò a convincere Becciu affinché perorasse, in qualunque modo, la sua causa con il Papa. Fu allora che entrò in scena la Ciferri Putignani, sua devota tanto da regalargli un immobile di pregio di 300 metri quadri a Greccio, fu lei a rivolgersi a Becciu, implorandolo («scagioni Perlasca») e poi minacciandolo se non avesse interceduto. Altrimenti, come lei stessa ammette all’udienza del 13 gennaio 2023, «le sarò nemica, come esercito schierato a battaglia». Da qui il malanimo nei confronti del Cardinale, rincarato da ciò che le aveva detto «la signora Chaouqui» che «è contro Becciu, lo vuole scapicollare (...)[…] le indagini le ha fatte insieme al Pontefice (...) mi ha lasciato intendere che quando gli inquirenti sono andati a casa di Perlasca, (...) Becciu abbia mentito su Perlasca oppure comunque l’abbia messo in cattiva luce[/…]».
E che Perlasca sia stato imbeccato dalle due donne lo ammette lui stesso negli interrogatori condotti dagli avvocati Viglione e Marzo. Prima dice di aver fatto tutto da solo, poi non ricorda se qualcuno gli ha dato alcune domande, infine ammette che qualcuno gliele ha date, poi prende tempo e chiede un rinvio «per riflettere». Il 30 novembre 2022, dopo la pausa di riflessione, si presenta in aula e fa il nome della Ciferri («I temi sono stati formulati da lei...
», che parlava con un misterioso anziano magistrato in pensione che collaborava con gli inquirenti). Ora che la Ciferri ha svelato la macchinazione si spiega il mistero su questa chat e su quelle omissate, sui segreti che ci sono custoditi e che forse preoccupano le più alte gerarchie vaticane e persino Santa Marta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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