"Guadagni poco". L'orrore del tunisino: contro la moglie col cacciavite

La Cassazione ha confermato per un sessantunenne tunisino residente ad Ancona la condanna a sette anni ed otto mesi di reclusione. Scontento dello stipendio portato a casa dalla moglie, al termine dell'ennesima discussione la aggredì con un cacciavite, perforandole un polmone

"Guadagni poco". L'orrore del tunisino: contro la moglie col cacciavite
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Ferì gravemente la moglie con un cacciavite, perforandole un polmone. E nelle scorse ore è stato condannato in via definitiva a sette anni e otto mesi di reclusione, che sconterà nel carcere marchigiano di Montacuto. Protagonista della vicenda che arriva da Ancona è un uomo di 61 anni originario della Tunisia. Stando a quanto riportato dalla stampa locale, tutto iniziò nel novembre del 2019, quando fra lo straniero e la consorte (una donna che oggi ha 47 anni) scoppiò una lite furibonda. Alla base della lite c'era il suo lavoro, con il sessantunenne che fece presente alla moglie come a suo avviso la paga che quest'ultima riceveva non fosse adeguata. "Lavori troppo, ma guadagni troppo poco", avrebbe ripetuto più volte alla donna. Sarebbero quindi volate parole grosse, in un climax ascendente di violenza verbale.

Fin quando l'uomo non è passato dalle parole ai fatti, aggredendo la consorte con il cacciavite che aveva in mano. La colpì più volte alla schiena con violenza e a quanto sembra solo l'intervento dei figli della coppia ha evitato il peggio. La donna, dopo aver rischiato la vita, si ritrovò in ospedale con un polmone perforato, per una prognosi di quaranta giorni. Lo straniero era quindi stato fermato dai carabinieri successivamente giunti sul posto, con le accuse iniziali di lesioni aggravate e maltrattamenti in famiglia. Agli inquirenti disse poi di aver agito in un impeto d'ira, ma di non aver avuto intenzione di uccidere la consorte: l'avrebbe aggredita con il cacciavite perché in quel preciso momento lo aveva in mano per montare un armadio. Le indagini hanno però fatto emergere via via un quadro ancor più grave di quello iniziale, portando poi gli investigatori a contestargli anche il reato di tentato omicidio.

La perizia medica chiesta dalla procura ha infatti accertato come almeno due dei quattro colpi inferti alla vittima fossero stati particolarmente profondi e violenti, con il serio rischio di potersi rivelare fatali. Il cacciavite era infatti affondato nella schiena per sei centimetri, lesionando il polmone. E con il senno di poi, si è rivelato fondamentale l'intervento della figlia, volontaria in una sezione locale della Pubblica Assistenza, che ha soccorso subito la madre.

L'indagine ha infine messo in evidenza come le tensioni nella coppia andassero avanti da quasi tre decenni: i due erano allora sposati da 26 anni e la donna sarebbe più volte stata vittima di maltrattamenti. Dopo esser finito sul banco degli imputati, l'uomo era già stato condannato sin dal primo grado di giudizio. E ieri la Cassazione ha posto la parola "fine" alla storia, confermando la condanna.

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