L'omicidio di Sharon Verzeni si è consumato, seppur con premeditazione secondo gli inquirenti, senza un movente. Non c'è un motivo per il quale Moussa Sangare abbia colpito brutalmente, con diverse coltellate, la sua vittima: avrebbe colpito chiunque, secondo lui, in quel momento era abbastanza vulnerabile da permettergli di portare al termine il suo piano killer. La donna, anche quella sera, è uscita di casa attorno a mezzanotte per una passeggiata. Era la notte tra il 29 e il 30 agosto, a Terno d'Isola è molto caldo e magari così Sharon sperava di trovare un po' di sollievo.
La ricostruzione dell'omicidio
Percorre circa 2.9 chilometri a piedi dalla sua residenza a via Castagnate, ci mette circa un'ora ed è da sola. Qui, purtroppo, incontra Sangare. Non ci sono telecamere in quella strada, ma ce ne sono numerose tutto intorno. E, infatti, l'uomo viene ripreso alle 00.48 in bicicletta mentre imbocca la strada nel senso di marcia opposto rispetto a Sharon. Un minuto dopo è ripreso dalle telecamere di via VII Martiri, qui fa inversione e torna in via Castagnate, imboccando la strada nello stesso senso della donna, spiegano gli inquirenti. Alle 00.51 Sangare torna visibile agli occhi elettronici, è sempre in bicicletta ma stavolta corre veloce sulle due ruote. Gli inquirenti lo identificano come "un soggetto di sesso maschile con la carnagione scura, verosimilmente di etnia centro-sudafricana il quale a bordo di una bicicletta […] è sopraggiunto sul luogo del delitto qualche decina di secondi dopo la Verzeni".
È l'unico soggetto sulla scena, al ritorno viaggia a una velocità doppia rispetto a quando è arrivato in via Castagnate, spiegano gli inquirenti nella loro relazione, mentre imbocca le strade campestri in direzione di Chignolo d'Isola. La ricostruzione fa emergere un primo quadro di quella notte: Sangare sta pedalando senza meta per Terno d'Isola, ha con sé i coltelli e vuole uccidere. Incontra diverse persone prima di Sharon, vede che è da sola, capisce che può riversare il suo desiderio di morte contro di lei. Quindi arriva in piazza, fa inversione e va incontro alla donna in via Castagnate. La raggiunge alle spalle e le dice, come da lui dichiarato: "Guarda mi dispiace per quello che sta succedere". Sharon si gira e lui , mentre è ancora in bici, la colpisce una volta al torace. Il coltello rimbalza, probabilmente perché colpisce una costola, "perché, perché, perché?", grida la donna. Sangare scende dalla bicicletta e le infligge altre tre coltellate alla schiena. "La ragazza urlava chiedendo perché, dicendo sei un codardo, sei un bastardo", le avrebbe urlato, secondo la sua ricostruzione.
Agli inquirenti, Sangare dirà che il suo obiettivo era colpire al cuore la donna. "L’intenzione era di farla fuori?", gli hanno chiesto durante l'interrogatorio. E lui non ha esitato: "Sì". Una volta capito che Sharon sarebbe morta, l'uomo ha ripreso la bicicletta ed è corso via. Nel frattempo, lei con le ultime forze rimaste ha chiamato il 118: "Aiuto! Aiuto! Mi ha accoltellato a Terno, Terno d’Isola, aiuto!". Non riesce a dire nient'altro al telefono. Sul posto accorrono i sanitari e i carabinieri, ma la situazione appare da subito gravissima, irrecuperabile. La morte di Sharon viene dichiarata alle 2.05 per "choc emorragico e asistolia", mentre Sangare è probabilmente appena arrivato nella sua abitazione di Suisio.
Le indagini
Proprio analizzando le telecamere, i carabinieri appurano quasi nell'immediato che si è trattato di un omicidio lampo, durato circa 1 minuto. E in quel lasso di tempo nessuno entra o esce da via Castagnate, l'unico è Sangare. Non forniscono indicazioni precise fino al momento dell'arresto ma per loro l'unico uomo da cercare era quello in bicicletta, l'unico che avrebbe potuto uccidere Sharon. Vogliono tutelare l'indagine e tenere tranquillo Sangare per evitare che cerchi la fuga, perché individuarne l'identità, nelle prime settimane, non è stato un lavoro facile. Purtroppo, la qualità dell'immagine delle telecamere che l'hanno ripreso è bassa, i dettagli non sono definiti e i carabinieri avevano bisogno di qualche indizio. È qui che entrano in gioco i due testimoni, che l'8 agosto si sono presentati in caserma spiegando di aver incrociato un uomo di colore in bicicletta alle 00.35 a Chignolo d'Isola. Ne fanno una descrizione che combacia con l'uomo inquadrato dalle telecamere: ha le treccine, è di pelle scura, indossa gli occhiali e un cappellino.
Il 29 agosto, i due testimoni vengono convocati in caserma e vengono fatti sedere nella sala interrogatori. Con loro c'era anche Sangare, inconsapevole di essere indiziato per la morte di Sharon e, soprattutto, di essere ripreso dalle telecamere. Nel frattempo, l'uomo si è rasato completamente i capelli, tagliando le treccine per cercare di cambiare il suo aspetto. Ma il testimone non ha avuto comunque difficoltà a riconoscerlo. Chiacchierando con i testimoni, poi, Sangare parla di alcuni dettagli di quella notte che nessuno avrebbe potuto conoscere, se non l'assassino. A quel punto hanno la certezza che è lui l'uomo che stavano cercando, e lo arrestano.
L'interrogatorio
Gli inquirenti lo mettono sotto torchio, vogliono la confessione per chiudere l'indagine. Sono certi sia lui ma se confessasse sarebbe tutto più facile. Ma Sangare in un primo momento nega di essere l'assassino e rifilia una serie di bugie. Dichiara che Sharon quella sera era con un amico e che sarebbe stato lui ad accoltellarla. Poi nega di essere stato negli ultimi mesi a Terno d'Isola e, soprattutto, afferma di essersi tagliato i capelli alcuni mesi prima. Tutte affermazioni smentite punto per punto dagli inquirenti, che inchiodano Sangare che, alla fine, ammette le sue responsabilità. Sostiene di essere uscito di casa con quattro coltelli quella notte, con l'intento di far male a qualcuno. Nella sua pedalata avrebbe incontrato altre persone, totalmente ignare del fatto che erano potenzialmente le vittime di quell'uomo, che quella notte voleva diventare un assassino. Agli inquirenti ha dichiarato di essersi disfatto degli abiti sporchi di sangue e dei tre coltelli non utilizzati, riponendoli in uno zaino adeguatamente zavorrato e gettato nel fiume. Il coltello usato per l'omicidio, invece, spiega di averlo nascosto sulle sponde a Medolago, dove effettivamente viene trovato "in data 30 agosto 2024 all’interno di un calzino nero sporco di sabbia un coltello intriso di apparente sostanza ematica e alcune collane e ciondoli".
Per gli inquirenti, quell'arma per Sangare era una "trofeo" di cui non si è voluto disfare "per ricordare quanto era stato in grado di compiere. O in una prospettiva, più inquietante, di avere un nascondiglio sicuro e da lui immediatamente individuabile dove eventualmente reperire l’arma da taglio per commettere altri reati della stessa specie". Sangare conferma poi la prima versione ipotizzata. Nella perquisizione effettuata nell'appartamento dell'uomo dopo l'arresto, i carabinieri hanno individuato ulteriori prove, come la bicicletta ripresa nelle immagini delle telecamere, che Sangare aveva smontato e modificato per cercare di sviare, come aveva fatto in precedenza tagliandosi completamente i capelli. Ma soprattutto, in casa dell'uomo, c'era un manichino di cartone con un cuscino, sul quale l'assassino aveva disegnato uno smile a simulare il volto. C'erano diversi squarci, che Sangare spiegherà essere stati il frutto di un macabro tiro al coltello.
Ma l'uomo rivela agli inquirenti anche che la notte dell'assassinio di Sharon ha sgozzato una statua di donna a Terno: "Ho visto la statua, ho tirato fuori il coltello, sono andato lì sulla statua e gli ho fatto una cosa così (mima il gesto di sgozzare). È complicato da spiegare il motivo, magari era una prova". Durante l'interrogatorio, il killer ha dichiarato agli inquirenti che "il modo in cui mi son sentito lì è stato un qualcosa tipo un assaggio di sentimenti, un qualcosa così. All’inizio non c’era neanche paura, era strano, c’era qualcosa tipo eccitamento".
Quando arriva a casa, continua a spiegare, "mi eccito, rido un po’, tremo un po’ e mi sono detto ‘woo’, perché in quel momento non pensi a quello che è successo". E quando poi si è messo sul divano, "c’era quel comfort lì, come se mi fossi liberato di un peso".
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