Botta e risposta, seppur a distanza, tra il Cremlino e la famiglia di Anna Politkovskaya. Le polemiche sono esplose all’indomani della notizia della grazia ricevuta da Sergej Khadzhikurbanov, condannato a 20 anni per l'omicidio della giornalista russa uccisa nel 2006 a Mosca, ma graziato dopo avere combattuto per sei mesi in Ucraina. I parenti della donna hanno definito l’intera vicenda una "mostruosa ingiustizia". Secca la replica del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, per il quale la pratica di concedere la grazia ai detenuti che si arruolano per combattere contro Kiev "non prevede eccezioni" in base alla "risonanza" dei casi.
La liberazione del killer di Politkovskaya
La famiglia della giornalista, insieme al quotidiano Novaya Gazeta per il quale lavorava la reporter, ha commentato la notizia della liberazione di Khadzhikurbanov con rammarico e sgomento. "Per noi, questa grazia non è la prova della redenzione e del rimorso dell'assassino", hanno sottolineato in una nota.
Lo sdegno deriva dal destino che Mosca ha riservato allo stesso Khadzhikurbanov, condannato a due decenni di galera per aver partecipato all'omicidio di Politkovskaya, ma adesso condonato dopo aver combattuto qualche mese in Ucraina. Per il Cremlino, si tratta di una pratica standard, un semplice regolamento che non guarda in faccia i diretti interessati. Peskov ha affermato che i condannati anche per reati gravi che si arruolano "espiano con il sangue il loro crimine sul campo di battaglia", servendo "nelle brigate d'assalto, sotto i proiettili, sotto le granate".
Ma cosa è successo realmente? L’avvocato di Khadzhikurbanov, Alexei Mikhalchik, ha spiegato che il suo assistito ha servito sei mesi al fronte e che, dopo questo periodo, ha scelto di firmare un contratto per rimanere nelle forze armate. Ricordiamo che Khadzhikurbanov, un ex agente del dipartimento per la lotta contro la criminalità organizzata, era stato riconosciuto come uno degli organizzatori dell'omicidio della Politkovskaya e che avrebbe dovuto finire di scontare la pena nel 2034.
La donna è stata assassinata nell’ottobre del 2006 mentre stava rientrando nella sua abitazione, a Mosca. Nel giugno del 2014 vennero condannati cinque ceceni come esecutori e organizzatori, oltre a Khadzhikurbanov, condannato come intermediario. Non è invece mai stato individuato alcun mandante.
I detenuti russi nella guerra in Ucraina
La pratica che ha liberato Khadzhikurbanov era stata oliata dal defunto capo del gruppo Wagner. Yevgeny Prigozhin girava le carceri del Paese per convincere i detenuti ad arruolarsi tra i suoi combattenti. Moltissimi lo hanno seguito, e tanti altri sono entrati nelle forze armate regolari. Così, combattendo in Ucraina, migliaia di prigionieri russi hanno ottenuto la grazia e hanno riacquistato la libertà.
Arrestato nel 2007, Khadzhikurbanov era stato assolto nel 2009 in un primo processo per l'uccisione della giornalista. Ma dopo che la Corte Suprema aveva annullato la sentenza, era stato nuovamente processato e condannato nel 2014 con altre quattro persone per la morte della reporter. Nel 2018 la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo aveva sottolineato che, pur avendo condannato gli esecutori del crimine, la magistratura russa non aveva fatto luce sui mandanti.
L'arruolamento di Khadzhikurbanov nelle forze armate russe sarebbe avvenuto alla fine del 2022 e, dopo sei mesi, Khadzhikurbanov ha ottenuto la libertà.
In questo periodo, afferma una fonte citata dal canale Telegram Baza, l’uomo ha svolto le funzioni di comandante di una unità di intelligence che ha compiuto diverse "incursioni oltre le linee nemiche" e sarebbe addirittura salito alla carica di comandante di un battaglione. In seguito, ha detto il suo legale, ha firmato un contratto per rimanere nell'esercito russo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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