Navalny condannato per estremismo: così Putin silenzia il suo più grande oppositore

Il dissidente russo condannato a 19 anni di carcere per estremismo. Dopo Kara-Murza, un'altra sentenza "stalinista" contro una delle più importanti voci critiche del Cremlino

Navalny condannato per estremismo: così Putin silenzia il suo più grande oppositore

La sentenza "stalinista" è arrivata: Alexei Navalny è stato condannato a 19 anni di reclusione con l'accusa di promuovere il terrorismo, finanziare l'estremismo e di riabilitare il nazismo. I giudici della colonia penale Ik-6 di Melekhovo, carcere di massima sicurezza situato a più di 200 km da Mosca, hanno letto il verdetto definito "stalinista" dal dissidente russo, che aveva anticipato uno sconto del 10% alla richiesta di 20 anni supplementari avanzata dal pubblico ministero. "Quando verrà annunciata, vi prego di mostrare solidarietà con me e con gli altri prigionieri politici pensando per un minuto al motivo per cui è necessaria una pena così esemplare. Lo scopo principale è quello di intimidire. Voi, non me", ha scritto ieri il team dell'oppositore di Vladimir Putin in una serie di messaggi pubblicati dagli account social ufficiali gestiti dai membri della sua Fondazione anticorruzione rifugiati all'estero.

Riconosciuto colpevole di frode e disprezzo della corte, Navalny stava già scontando 11 anni e mezzo nella prigione di Melekhovo, diventata sede di un processo a porte chiuse che normalmente si sarebbe dovuto tenere in un tribunale. Era rientrato in Russia nel 2021 dopo un malore che lo aveva portato in Germania, dove ha ricevuto le cure necessarie ed è stata stabilita la causa di un tentato omicidio attribuito a un commando del Fsb, i servizi segreti russi: un avvelenamento da Novichok, un agente nervino già impiegato nel 2018 in Regno Unito ai danni dell'ex spia russa Sergej Skripal. Sergej Maximishin, il medico russo che soccorse Navalny in ospedale, è poi morto in circostanze misteriose. Al suo ritorno, le autorità russe hanno immediatamente arrestato il blogger e da allora non è mai più stato un uomo libero. Ora gli anni totali di carcere saranno 30, cinque in più di quelli comminati al giornalista Vladimir Kara-Murza. Oltre un quarto di secolo per reprimere la principale voce critica del presidente russo, suo rivale che si è sempre rifiutato di chiamare Navalny per nome, rivolgendosi invece con un ironico e sprezzante "quel signore".

La detenzione in cella d'isolamento presso il penitenziario di Melekhovo, i cui responsabili sono stati sanzionati dall'Unione europea, è stata finora durissima: ad aprile un'ambulanza è dovuta intervenire per dei forti dolori allo stomaco che i collaboratori di Navalny hanno ricollegato a un sospetto avvelenamento.

Chi è Alexei Navalny

47 anni compiuti a giugno, una moglie e due figli, Alexei Navalny ha iniziato a fare politica nei primi anni Duemila criticando la leadership del Paese, governato da "ladri" e "corrotti", ma schierandosi su posizioni nazionaliste e contro gli immigrati. Princìpi, questi, esposti nella piattaforma del movimento per la liberazione nazionale della Russia (Narod) da lui fondato. Il partito di centrosinistra Yabloko, di cui faceva parte, decise di allontanarlo nel 2007 per via della sua reiterata adesione ai raduni dell'estrema destra russa, in particolare la marcia russa, un corteo annuale che si svolge ogni 4 novembre e a cui affluiscono organizzazioni scioviniste.

Nel 2013, presentandosi sempre con un programma ostile all'immigrazione proveniente dall'Asia ma come outsider indipendente rispetto al regime, si candidò a sindaco di Mosca, ottenendo il 27% dei voti dietro a Sergej Sobyanin nonostante l'arresto durato 24 ore un mese prima delle elezioni e l'indifferenza della stampa filogovernativa. Un risultato incredibile per gli standard russi, soprattutto perché per la prima volta dal 1999 un candidato era riuscito a coalizzare attorno a sé il voto di protesta contro Putin. Da quel momento però cominciò l'epopea giudiziaria e nel 2017, dopo aver partecipato e guidato tutte le manifestazioni anti-governative organizzate in Russia, venne escluso dalle elezioni presidenziali del 2018: la commissione elettorale, appigliandosi a una precedente condanna per corruzione contestata tra le altre dalla Cedu, lo giudicò incandidabile.

Alexei Navalny
Navalny con la moglie Yulia durante la degenza in un ospedale di Berlino nel 2020.

Da nazionalista a icona liberale

Con il passare degli anni, Navalny ha ridimensionato il suo passato da nazionalista. "Molti nazionalisti russi non hanno una chiara ideologia. Quello che hanno è un senso di ingiustizia generale a cui rispondono con l'aggressione contro persone con un diverso colore della pelle o con occhi di forma diversa. Credo sia estremamente importante spiegare loro che picchiare gli immigrati non è la soluzione al problema dell'immigrazione clandestina; la soluzione è il ritorno a elezioni competitive che ci permettano di sbarazzarci dei ladri e dei truffatori che si arricchiscono grazie all'immigrazione clandestina", ha spiegato in una raccolta di dialoghi con lo storico polacco Adam Michnik.

Grazie a una serie di popolari video-inchieste sugli affari e la corruzione di Putin e dei principali oligarchi russi, Alexei Navalny si è affermato come il maggiore esponente della lotta all'autoritarismo del Cremlino e l'icona della Russia liberale oggi repressa. Il parlamento europeo ha onorato il dissidente russo insignendolo del premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 2021. Ha descritto la guerra in Ucraina come il conflitto più "stupido" e "insensato" del XXI secolo e "basato sulle bugie". "Un pazzo ha messo le sue grinfie sull'Ucraina e non so cosa voglia farne, questo pazzo ladro", ha dichiarato durante un'udienza. Pur complimentandosi con il popolo ucraino per la rivoluzione della dignità (Euromaidan) e sostenendo le sanzioni contro la Federazione russa, nel 2014 Navalny difese l'annessione della Crimea, attaccando la decisione del leader sovietico Nikita Krusciov che nel 1954 la donò all'Ucraina.

Nel 2023, tuttavia, Navalny ha cambiato idea, rilasciando un manifesto in 15 punti scritto in carcere nel quale ammette che i confini dell'Ucraina "sono simili a quelli della Russia, riconosciuti a livello internazionale e definiti nel 1991" e che "anche la Russia ha riconosciuto questi confini all'epoca e deve riconoscerli anche oggi, non c'è nulla da discutere".

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