Hamas e Vladimir Putin seguitano a mostrare una strana connessione. Niente di pubblicamente diretto, nessuna citazione imbarazzante, ma un "Noi del Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) apprezziamo la posizione del presidente russo Vladimir Putin riguardo alla continua aggressione sionista contro il nostro popolo e al suo rifiuto dell'assedio di Gaza, del taglio degli aiuti umanitari e dell'attacco ai civili".Lo ha scritto su Telegram Hamas, che irrompe nel cerchiobottismo russo di queste ore. In precedenza, Putin aveva affermato che Israele ha sì subito un attacco brutale, ma che la soluzione del conflitto sarà possibile solo attraverso la creazione di una Palestina indipendente con Gerusalemme Est come capitale. Aveva inoltre osservato che nel caso di un'operazione di terra a Gaza, le vittime civili sarebbero "inaccettabili". Tutto secondo repertorio.
I sospetti sull'asse Hamas-Putin
I sospetti sulla mano, o quantomeno sull'avallo russo, all'aggressione della settimana scorsa a Israele verrebbero alla mente anche del meno esperto degli strateghi, ma tra rivendicazioni dall'Iran, Hezbollah in prima fila, nessuna pista russa sembra ancora delinearsi, sette giorni dopo l'aggressione. E con le ore che passano risulta difficile pensare che la traccia, ovunque fosse, possa venire facilmente a galla. Non a caso, immediatamente dopo gli attacchi, è bastato banalmente dare una scorsa alle veline del Cremlino via Tass per comprendere che la parola d'ordine a Mosca è stare zitti e buoni, per ora. Eppure, sarebbe stata questa l'occasione migliore per sparare a zero su Stati Uniti, Israele e l'Occidente intero, rimarcardo eventuali similitudini con la vicenda ucraina. E, invce, al di là di alcuni slogan cosueti contro Washington, foriera di tutti i mali, e di qualche tiepida e breve geremiade, nulla di eclatante è accaduto.
La condanna di Hamas anche dalla Cina, l'appello congiunto alla pace
Più significativa la condanna congiunta con la Cina. Con una sola voce, Pechino e Mosca hanno chiesto una soluzione negoziata del conflitto che parta da un cessate-il-fuoco per arrivare alla costituzione di uno Stato palestinese. Intanto la Russia fa sapere che è salito ad almeno 12 il numero dei cuoi cittadini dispersi negli attacchi di Hamas e "cresce il numero dei morti", anche se non fornisce una cifra precisa. Fino a ieri sera le autorità di Mosca parlavano di quattro uccisi e sei dispersi. Il conflitto tra Hamas e Israele ha dimostrato che la via "per risolvere la questione palestinese sta nel riprendere i colloqui di pace autentici il più presto possibile e nel realizzare i diritti legittimi della nazione palestinese", afferma serafico il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ricevendo a Pechino Josep Borrell. Putin ha ricalcato in sostanza le sue parole, quasi a guisa di alleato minore, pur ammettendo che Israele ha subito un attacco "senza precedenti, non solo per dimensioni ma anche per il grado di brutalità", e riconoscendo "il diritto a difendersi" dello Stato ebraico. Ma sono "inaccettabili", secondo il presidente russo, gli appelli di chi vorrebbe imporre a Gaza "misure militari e non militari sullo stesso piano di quelle prese nel blocco di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale". A questo punto la Russia si propone come mediatrice, e forse ci crede per davvero. "Sì, possiamo farlo - ha assicurato Putin - perché abbiamo ottime relazioni con Israele da 15 anni [sic! N.d.r.] e abbiamo rapporti tradizionali con la Palestina. Quindi nessuno ci può sospettare di volere prendere le parti di qualcuno".
Questa verve pacata al Cremlino, tuttavia, convince poco. Sia perchè i rapporti con Israele sono andati deteriorandosi nel corso della guerra in Ucraina, sia perchè la "linea araba" della Russia non può essere smentita tout court. Sul alcuni media russi anti-Cremlino, tra cui Verstka, corre la notizia di un ordine severissimo che avrebbe raggiunto la Duma: nessun commento fuori posto, nessuna parte da prendere, dichiarazioni equidistanti fino all'osso. Se si vogliono fare citazioni, adeguarsi alla linea di Putin e, se proprio si deve puntare il dito contro qualcuno, accusare gli Stati Uniti o al massimo bollare come esecrabile il gesto degli ebrei russi fuggiti in Israele dopo l'invasione dell'Ucraina.
I vantaggi per Putin dall'attacco di Hamas
Anche i tradizionali media e programmi microfono dello zar sembrano rimasti tiepidi. Perfino quella sorta di Fox news in salsa russa che è Tsargrad.tv, l'universo mediatico creato da Konstantin Malofeev e Alexander Dugin, spiega con tono quasi puerile il perchè della reazione morigerata del Cremlino. Questa equidistanza sospetta e anche malcelata potrebbe avere due significati: se Mosca ha delle responsabilità sta cercando (malamente) di dissimularle; se, invec,e non vi sono responsabilità dirette nel teatro palestinese, Putin è l'unico che può trarre vantaggio dai nemici dei suoi nemici sul campo. I carri armati Abrahams sono in viaggio per Israele e, per ora, non giungeranno a Kiev. Questo, sul terreno, conferisce un'enorme vantaggio a Mosca. Inoltre, l'attacco di Hamas a Israele ha dato il via sui mercati alla miccia di una possibile seconda guerra del gas: anche in questo caso, che ne sia responsabile o meno, è Putin che potrebbe avvantaggiarsene. Non come mediatore, essendo il primo a sapere di non possedere la credibilità di prammatica, ma quantomeno come osservatore silente, sperando nei cadaveri dei nemici.
Il complesso rapporto Russia-Israele
Un primo effetto del conflitto, a solo poche ore dall'attacco di Hamas, è stato quello di buttare giù il rublo sui mercati internazionali, facendogli toccare il punto più basso in 18 mesi, mentre il dollaro continua a performare bene. A Mosca, invece, la situazione complessa all'estero, l'economia di guerra e le altalene del rublo mettono a rischio quasi un punto percentuale di PIL entro la fine dell'anno, nel bel mezzo dell'allarme deindustrializzazione. Israele e Russia, che hanno vissuto un riavvicinamento lento ma costante da più punti di vista dopo il collasso sovietico, sono due Paesi intimamente legati economicamente e in più scenari del Medio Oriente. Non a caso, lo stato attuale delle loro relazioni bilaterali, almeno fino allo s oppio della guerra in Ucraina era stato descritto come "Golden Age". Interessi economici, comunità russofona e sicurezza sono i tre pilastri di questo complesso rapporto: obiettivi prioritari, in questa cornice, consolidare la sicurezza nella Siria meridionale, indurre alla de-escalation l'area ma anche mobilitare i cittadini russofoni a votare per il Likud.
Una entente cordiale che, secondo numerosi osservatori, nasce dal comune approccio realista e neoliberale delle due potenze, che ne integra idee e valori nel repertorio di beni e servizi che possono essere oggetto di transazioni. Ergo, Mosca non può tirare troppo la corda a favore dei palestinesi.
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