Il dossier top secret e il ridispiegamento dei soldati: cosa c'è dietro il piano del Pentagono

Il Pentagono avrebbe ordinato alle Forze armate statunitensi in Corea del Sud di concentrarsi non solo su Kim Jong Un ma anche e soprattutto sulla tutela di Taiwan dalla Cina

Il dossier top secret e il ridispiegamento dei soldati: cosa c'è dietro il piano del Pentagono
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La priorità degli Stati Uniti in Asia? A quanto pare Taiwan. O meglio: impedire che la Cina possa in qualche modo occupare l'isola. Sarebbe questo il motivo principale che starebbe spingendo Washington a riorganizzare, ridistribuire, riequilibrare i propri contingenti militari nella regione. In particolare, il Pentagono avrebbe ordinato alle Forze armate statunitensi in Corea del Sud (USFK) di concentrarsi non solo su Kim Jong Un e la Corea del Nord ma anche e soprattutto sulla tutela di Taipei da Pechino. Anche a costo di assumersi dei rischi in altre aree sensibili. In termini più concreti, la possibile nuova politica Usa potrebbe modificare radicalmente la missione primaria dei circa 28.500 soldati americani in stanza a Seoul e dintorni dal dissuadere Pyongyang ad attaccare il Sud al contrastare la Cina. Questa mossa farebbe però piombare la stessa Corea del Sud in un pericoloso vuoto di sicurezza, oltre a danneggiare le già delicatissime relazioni tra Washington e Pechino.

La mossa del Pentagono

Secondo quanto riportato dal Washington Post, lo scorso marzo il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth, avrebbe distribuito al dipartimento della Difesa degli Stati Uniti un documento classificato intitolato "Interim National Defense Strategic Guidance". Il paper delineerebbe la visione di Donald Trump per la preparazione - e la potenziale vittoria - in un conflitto contro la Cina, difendendo al contempo gli interessi degli Stati Uniti nella regione dei "vicini esteri", tra cui la Groenlandia e il Canale di Panama.

Il documento, che sarebbe stato firmato da Hegseth, mirerebbe a ristrutturare le iniziative militari americane nell'Indo-Pacifico, spostando l'attenzione dalle minacce nordcoreane alla potenziale aggressione della Cina contro Taiwan. Un simile cambiamento andrebbe in scena nonostante le recenti provocazioni della Corea del Nord, tra cui lo sviluppo e il lancio di nuovi missili a lungo raggio in grado di colpire la terraferma degli Stati Uniti.

Per far fronte alla carenza di personale e risorse, il documento sottolinea come il Pentagono "si assumerà il rischio in altri teatri", facendo così pressione sugli alleati in Europa, Medio Oriente e Asia orientale, inclusa la Corea del Sud, affinché queste nazioni assumano un ruolo di deterrenza maggiore contro avversari regionali come Russia, Iran e Corea del Nord. Certo, non è chiaro se il termine "altri teatri" contenuto nel promemoria del citato Pentagono significhi che gli Stati Uniti stiano veramente valutando una nuova politica di stanziamento di truppe americane a Taiwan dalla Corea del Sud. Gli indizi sono però numerosi.

Il ridispiegamento delle truppe Usa

Come ha evidenziato l'Asia Times, se davvero gli Stati Uniti volessero riposizionare i loro militari in stanza in Sud Corea, o anche solo modificare i loro compiti chiave, Seoul andrebbe incontro ad un vuoto di sicurezza. Sotto il tiro nucleare della Corea del Nord, il governo sudcoreano non ha infatti la capacità di contenere il suo vicino senza truppe statunitensi, e questo rende la presenza dell'USFK sulla penisola cruciale per mantenere lo status quo in loco. In realtà va detto che l'idea di espandere il ruolo di questa unità nell'Indo-Pacifico non è nuova. Già nel 2006 Corea del Sud e Usa concordarono di applicare il concetto di "flessibilità strategica", consentendo possibili schieramenti dell'USFK oltre la penisola coreana.

Tuttavia, gli Stati Uniti hanno sempre più riconosciuto la necessità di Seoul di una garanzia di sicurezza costante, incarnata dalle truppe americane rimaste in Corea del Sud dopo la guerra di Corea. Almeno fino ad ora. "Il vuoto di sicurezza creato dalla partenza dell'USFK potrebbe indurre il leader nordcoreano Kim Jong Un a fare calcoli sbagliati", ha avvertito Kang Joon Young, professore presso l'Università di studi stranieri di Hankuk, in un'intervista a Money Today.

Una ridotta presenza dell'USFK potrebbe anche essere usata da Washington come leva nei negoziati sui costi della difesa, con gli Stati Uniti che potrebbero richiedere maggiori contributi finanziari a Seoul.

O forse, molto semplicemente, tutto questo rientra in una strategia ben precisa volta a fare pressione sul governo sudcoreano affinché assuma un ruolo più attivo – quando e se ce ne sarà bisogno, insieme al Giappone – nella difesa di Taiwan.

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