Controllo di vicinato, la rete che si estende per combattere i reati

Di origine anglosassone, il fenomeno si è diffuso sempre di più negli anni soprattutto in Lombardia: le indignazioni di chi lamenta i filmati verso le borseggiatrici hanno dunque poco senso

Controllo di vicinato, la rete che si estende per combattere i reati

Milano è diventata sempre di più una città scossa da furti e violenze comuni: per difendersi, diventa spesso fondamentale basarsi non solo sull'ausilio delle forze dell'ordine, ma anche sulla collaborazione e le varie segnalazioni tra comunità. In questo senso, la recente analisi "Sicurezza partecipata - il controllo di vicinato in Lombardia" ci fornisce alcune interessanti indicazioni su come è cresciuto e sviluppato il fenomeno nato ormai anni fa.

Favorito dai social network, il controllo di vicinato è cominciato a diventare più strutturato a partire dal 2009: in quel periodo, infatti, un residente di Caronno Pertusella (Varese) decise di importare in Italia una modalità di sorveglianza dal basso che aveva conosciuto nel Regno Unito dopo aver subito un tentativo di furto. Ne nacque un'associazione, a cui man mano hanno aderito in Lombardia 269 Comuni, con 1.417 gruppi e oltre 41mila famiglie (dati del 2022). I nuclei familiari diventano più 77mila in tutta Italia.

Gli studi sul controllo di vicinato

Il fenomeno è stato studiato dall’Università Cattolica, all'interno del laboratorio di ricerca sociale qualitativa: gruppi di cittadini che si tengono in contatto e si segnalano vicendevolmente situazioni o persone potenzialmente pericolose. In Gran Bretagna il controllo di vicinato (in inglese "Neighborhood Watch") è una comunità organizzata di civili dedicata alla prevenzione del crimine e degli atti vandalici all'interno di un quartiere. L'obiettivo della sorveglianza – anche tramite fotografie e registrazioni video di persone ritenute sospette – include l'educazione dei residenti di una comunità sulla sicurezza e la realizzazione di quartieri sicuri e protetti. Tuttavia, quando si sospetta un'attività criminale, i membri sono incoraggiati a riferire alle autorità e non a intervenire direttamente.

Le segnalazioni circolano su Whatsapp, Telegram e Facebook. Tra gli aspetti analizzati nella ricerca, il rapporto con le forze dell'ordine. Secondo gli studiosi i cittadini che vi partecipano "hanno un contatto frequente e continuativo con le polizie locali comunali, mentre appare meno frequente il coinvolgimento dei carabinieri e rara una collaborazione attiva con la polizia di Stato". In alcuni gruppi, le informazioni vengono prima filtrate da un coordinatore e poi, se utile, comunicate alle autorità.

Il caso 'nero' di Milano

Il controllo di comunità è presente solo a macchia di leopardo nel nostro Paese. Tuttavia la Regione Lombardia è sicuramente l'ente territoriale in cui è più presente: una ragione dettata non solo dal fatto che sia la regione più popolosa d'Italia, anche perché i numeri relativi ai reati commessi sono sempre più inquietanti e il video delle borseggiatrici a Milano è solo l'ultimo caso più emblematico.

L'indice della criminalità 2022 pubblicato dal Sole 24 ore indica che il capoluogo lombardo è la città più pericolosa: con 749 reati denunciati l'anno scorso (5.985 denunce ogni 100mila abitanti) è il comune primo in Italia per furti (2.943 ogni 100mila abitanti), furti con destrezza e negli esercizi commerciali. Prevalgono soprattutto i reati da strada (anche aggressivi) che si commettono nelle aree della movida o sui mezzi pubblici.

Ecco spiegato perché la provincia di Milano comprende 60 comuni, con 329 gruppi e 9.110 famiglie coinvolti. Chi quindi s'indigna per i recenti video fatti alle borseggiatrici sui mezzi pubblici, ignora completamente quello che succede da 15 anni in molte città italiane.

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