Ha rischiato grosso. Le sevizie del marito e le minacce le avevano fatto temere il peggio, fino allo scenario drammatico della morte. Ma Sundus Alì ha reagito ai soprusi dell'uomo ed è riuscita a scappare dal tunnel dell'orrore che stava rendendo i giorni sempre più un inferno. Chiusa in casa per mesi, con tanto di botte e violenze ripetute. "Se fossi rimasta in Pakistan sarei stata uccisa", ha raccontato la 37enne. Che è stata messa in salvo grazie al suo coraggio e alla tempestività con cui le istituzioni italiane si sono attivate dopo aver ricevuto le segnalazioni.
Sundus, intervista da Il Resto del Carlino, ha accusato il marito di aver provato per ben due volte a ucciderla. Come? "Gettandomi addosso nafta e provando a darmi fuoco". Ma questo è solo uno dei tanti episodi choc che da tempo è stata costretta a subire. Abitava a Sargodha, 150 chilometri a sud della Capitale. Era un'artista autodidatta che dipingeva quadri a olio e decorava abiti e sciarpe. Lo studio e e il lavoro rientravano nei suoi progetti di vita. "Ma la mia famiglia ha deciso che a 18 anni dovevo sposare mio cugino", ha spiegato.
L'incubo è iniziato dopo le nozze: "Mi torturava se non trovava le chiavi, se il cibo era salato, se aveva discusso sul lavoro". Quando non ne poteva più provava a scappare dai suoi genitori, che però puntualmente la rispedivano indietro. Nel 2006 il trasferimento a Reggio Emilia, dove sono nati i suoi due figli. "Ero prigioniera: quando andava a lavorare in fabbrica, mi chiudeva a chiave in casa. Non avevo soldi per l'autobus, non potevo fare la spesa da sola", ha spiegato.
Alla donna era consentito solo accompagnare i bambini a scuola e portare a piedi la bimba a fare terapie in ospedale. Invece documenti, reddito di cittadinanza, assegno familiare e soldi erano tutti in mano all'uomo. E Sundus ha aggiunto altri particolari: "Chiudeva la porta della camera dei bambini, serrava le imposte e mi batteva. Pretendeva sempre sesso".
L'anno scorso è arrivata la svolta che le ha dato la forza d'animo necessaria per ribellarsi. In un pellegrinaggio in Arabia il marito le ha annunciato che voleva una seconda moglie; lei ha accettato in cambio del divorzio e della restituzione dei suoi beni. Ma alla fine è stata portata in Pakistan con i figli: "Per mesi sono stata chiusa in casa, frustata, torturata, minacciata di essere bruciata". Ma è riuscita a recuperare un cellulare; ha inviato una mail alle insegnanti reggiane dei suoi figli e ha contattato i servizi sociali e la Questura di Reggio a cui ha detto chiaramente: "Salvatemi sennò mi uccidono".
È stata portata via dal Pakistan con un'operazione svolta dall'ambasciata italiana, Interpol e forze di polizia italiane, Procura e servizi sociali di Reggio Emilia. Oggi Sundus e i piccoli sono al sicuro, in una struttura protetta.
Ma c'è sempre il terrore che l'uomo possa tornare a minacciare la loro serenità: "È tornato in Italia e ci sta cercando: gli è stato applicato il braccialetto elettronico, spero che vada in prigione". Adesso vogliono iniziare una nuova vita, lontano dagli incubi e dalle violenze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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