Si parte con Carnera e si arriva a Meazza

Lo stadio di Sequals

Si parte con Carnera e si arriva a Meazza
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Primo Carnera? Un fascista per questioni anagrafiche e, ovviamente, vista la sua professione, un picchiatore. Accade che a Sequals, paese del Friuli-Venezia Giulia che gli ha dato i natali il 25 ottobre del 1906, una parte (minoritaria) dei cittadini si opponga alla decisione del sindaco di intitolare lo stadio comunale al campione dei pesi massimi. Il motivo? Carnera si sarebbe fatto fotografare in camicia nera e, per di più, con il braccio teso. Una cosa inaccettabile, anche a distanza di quasi cent'anni da quegli eventi, perché il passato, si sa, non passa mai. Peccato che, per scagionare Carnera, basterebbe conoscere un po' di storia e usare il buonsenso. Già perché il «gigante di Sequals» combatté dal 1929 al 1946, proprio gli anni, fatto salvo l'ultimo, in cui il fascismo era al potere in Italia e tutti, o quasi, sfilavano in camicia nera. Erano, in particolare quelli dal 1929 al 1936, gli «anni del consenso», per usare un'espressione di Renzo De Felice. Quelli dell'innamoramento collettivo degli italiani nei confronti del Duce, delle folle oceaniche e delle piazze piene che si ebbero fino al 10 giugno del 1940, il giorno (nefasto) dell'entrata in guerra dell'Italia. Perché, lo si voglia o no, la maggioranza degli italiani, per vent'anni, ha creduto nel regime. Un po' perché rappresentava, e non ci voleva molto essendo una dittatura, un elemento di stabilità per il Paese. Un po' per opportunismo. La vita, infatti, era oggettivamente più facile se ci si appoggiava il regime. E così tutti si mostravano ben felici di sfilare in camicia nera e in orbace per compiacere quella gerarchia che, con note un po' tronfie, aveva dato all'Italia il suo impero. Poi, poco alla volta, e con un conflitto mondiale in mezzo, venne prima la disaffezione e poi l'odio, lavato nel sangue. «Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti», diceva (a ragione) Winston Churchill. E tra quei 45 milioni di fascisti c'era pure Carnera. Ma non era il solo. Insieme a lui c'erano anche alcuni insospettabili, come Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari, che erano stati convinti Giovani universitari fascisti, salvo poi cambiare casacca, come molti altri, a guerra finita. Anche Scalfari e Napolitano, possiamo immaginarlo, avranno fatto il saluto romano.

Se ragionassimo come i censori di Carnera dovremmo chiedere di non intitolare alcunché anche a loro (ed è un sacrificio che saremmo disposti a fare se non fosse che a rimetterci sarebbe anche il «gigante buono»). Una piccola postilla: tra i tanti che si fecero fotografare mentre salutavano romanamente, c'era anche un certo Giuseppe Meazza. Al quale, se non sbagliamo, è intitolato uno dei più importanti stadi d'Italia.

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