Saman Abbas è stata sottomessa e infine uccisa. E in quella sua ultima notte in vita, tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021, mandò un messaggio audio in cui affermava: “Sono sbagliata. La mamma e gli altri, tutti me lo dicono. Mio fratello, mio zio. Tutti dicono, io sono sbagliata. Allora ci sta chiedere scusa anche a te, perché sono molto sbagliata, una ragazza molto sbagliata”.
Questo audio, fatto ascoltare a Quarto Grado, rafforza l’idea degli inquirenti secondo cui la 18enne sia stata uccisa in una congiura famigliare, un delitto d’onore perché si era opposta al matrimonio forzato. Ed emergono novità all’interno delle indagini e del dibattimento in tribunale. Una su tutte: a fine settembre saranno presentati in aula a Reggio Emilia i risultati dell’esame del Dna effettuato sotto le unghie del corpo di Saman Abbas. I rinviati a giudizio sono il padre di Saman Shabbar Abbas, da poco estradato in Italia, la madre ancora latitante Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Noumanoulaq Noumanoulaq.
Ma non finisce qui. Quarto Grado ha proposto integralmente la confessione, o meglio la versione di Danish Hasnain relativa alla notte dell’omicidio. Lo zio di Saman Abbas ha spiegato di essere stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza dell’azienda agricola di Novellara, il pomeriggio precedente, con i cugini e con degli attrezzi, perché in procinto di andare a pulire il canale idrico tra le serre.
Poi è iniziato il racconto vero e proprio. Si deve fare un piccolo sforzo di attenzione, perché le parole sono del traduttore, che spazia dalla prima alla terza persona durante l’interrogatorio. “Il 30 aprile, alle 10-10.30 di sera circa ho spento il telefono e mi ricordo l’orario perché quando vai a spegnere il telefono dai un occhio all’orario - ha tradotto l’interprete - Da lì io ho dormito, ho spento il telefono. So solo che mentre dormivo mi hanno scosso e mi hanno svegliato. Il primo che ha parlato è stato Ikram, gli ha detto a lui che si era appena svegliato: ‘Hanno telefonato da quella casa, c’è stato un litigio. C’è stato un litigio e c’è scappato il morto, non sappiamo nulla’”.
Danish Hasnain ha aggiunto di essersi vestito e aver seguito i cugini, percorrendo il viottolo tra le serre: “Uno di loro ha indicato un punto nel buio e detto: ‘Lì c’è Saman’. Lui si è messo a piangere. Da lì è cominciato uno sproloquio, offendendo la famiglia. Il fratello di Saman ha sentito”. Sarebbero seguite minacce di morte e Danish ha inoltre mostrato agli inquirenti la posizione del corpo di Saman, uccisa, a suo dire, dalla madre, secondo il racconto di uno dei cugini, ma non ricorderebbe chi: “Mentre piangeva e urlava continuava a toccare il collo della ragazza”.
Stando alle parole di Danish, l’uomo avrebbe voluto chiamare i carabinieri o la polizia ma si sarebbe accorto di non avere il telefono. Gli sarebbe stato chiesto aiuto per l’occultamento del corpo, cui però si sarebbe sottratto limitandosi a una mera presenza o quasi: “Quel corpo è il mio sangue e io non posso farla questa cosa”. Danish ha concluso affermando di non aver visto né l’omicidio né l’occultamento, e di aver temuto a propria volta per la sua vita. I 5 rinviati a giudizio sono accusati di sequestro di persona, omicidio e, appunto, occultamento di cadavere.
Intanto due detenuti in carcere con Danish Hasnain avrebbero reso testimonianza di una presunta confessione dello zio di Saman. Ma l’avvocato dell’uomo, Liborio Cataliotti, è tranquillo: “Non posso entrare nel merito perché non sono acquisite al fascicolo del dibattimento.
Posso garantirvi che nell’economia del processo sposteranno lo 0 virgola 0. Cioè sarà una prova, si rivelerà, totalmente inconsistente rispetto alla dinamica del fatto da provarsi”, ha detto a Quarto Grado.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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