Decreto Caivano, Don Claudio Burgio: "Evitare ai giovani la sindrome social da pensiero unico"

Il decreto caivano vuole porre un argine alla violenza giovanile. Ne parliamo con Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e fondatore dell'associazione Kayrós

Decreto Caivano, Don Claudio Burgio: "Evitare ai giovani la sindrome social da pensiero unico"

Palermo, Caivano, Milano, Roma. Tutta Italia sembra trascinata in una spirale di violenza giovanile che si sostanzia in stupri, rapine e risse che vanno a riempire le colonne dei giornali e dei talk show televisivi.

Siamo davvero di fronte a una escalation? Come possiamo affrontare le nuove sfide educative che i ragazzi di oggi pongono? Per capire meglio cosa sta succedendo abbiamo raggiunto al telefono Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e Fondatore e presidente dell’associazione Kayrós una comunità che dal 2000 si occupa di accoglienza per minori e servizi educativi per adolescenti. Accanto all’attività pedagogica che lo vede impegnato quotidianamente con i ragazzi delle comunità, numerosi sono i suoi interventi in dibattiti ed incontri pubblici su temi sociali di attualità, su spiritualità, educazione, famiglia, tossicodipendenza, emarginazione giovanile.

Don Claudio è in discussione il “decreto Caivano” che sull’onda di violenza di queste settimane vuole inasprire le pene e aumentare i controlli come vede lei questa scelta da parte della politica?

Non ci può essere una visione dicotomica: da una parte chi appoggia il governo senza condizioni e dall’altra chi invece non riconosce la gravità di quanto sta accadendo. C’è effettivamente una escalation di violenza da parte dei giovanissimi e va riconosciuta e affrontata. Comprendo quindi la scelta restrittiva del governo, bisogna dare risposte a un'opinione pubblica scossa dagli ultimi eventi.

Mi pare di capire però che questo non le basti…

È giusto dare regole chiare, ma pensare di risolvere il problema giovanile solo con decreti restrittivi è per forza un’illusione. La questione è a monte, la partita si gioca sull’educazione e l’ascolto. Accanto ai decreti restrittivi mi aspetto anche proposte che vadano sulla prevenzione e investimenti nell’educazione. Non è la paura delle sanzioni che farà da deterrente o distoglierà i ragazzi da azioni criminose.

Cosa allora può completare il tutto, oltre le restrizioni cosa possiamo fare?

Il vero problema è che nessuno sa intercettare il mondo interiore di questi ragazzi, competenza e ascolto sono le nostre armi e dobbiamo svilupparle e usarle. L’incontro è il primo passo non la paura, rimango fermo nel dire che regole e leggi chiare siano la base ma poi bisogna implementare una rete educativa che, sicuramente è più difficile da costruire, ma porta benefici nel lungo termine.

Anche negli anni di piombo la violenza giovanile sembrava fuori controllo, quale è la differenza (se la vede) con i ragazzi di oggi? Cosa li rende più difficili da intercettare?

Il problema di oggi è molto chiaro, c’è un vuoto educativo profondo. Ragazzi soli che non si confrontano più con gli adulti, a volte per famiglie fragili a volte per mancanza di comunicazione. Abbiamo adolescenti che faticano a crearsi un pensiero critico e vedo incoscienza e inconsapevolezza nelle scelte che fanno. Il loro confronto nella maggior parte dei casi non è con una persona vuole loro bene ma con i social network.

Quindi i social sono parte del problema? Un mondo che gli arriva addosso senza filtri…

Esatto, i ragazzi prendono per buono tutto quello che trovano in internet, davanti a uno smartphone non si dialoga, non si forma un pensiero critico. Non essendo più abituati a elaborare hanno disimparato a narrare e a esprimere il proprio disagio in maniera corretta. Io la chiamo la “sindrome da pensiero unico”.

Quindi la proposta di Calenda di vietare o limitare i social ai minori?

La trovo un po' irrealistica, serve accompagnamento e educazione. Il rischio che vedo senza azioni in questo senso è la creazione di una società tra pari, ovvero una società che esclude, deride e ignora le istituzioni e lo stato. Dobbiamo evitare tutto questo.

Lei diceva che i ragazzi vanno intercettati, ma come possiamo farlo? La “cultura maranza” imperversa nelle grandi città…

Non ci rendiamo conto che c’è un grido quasi disperato da parte degli adolescenti. Loro ci cercano e vogliono la nostra attenzione, le azioni eclatanti sono il loro modo sbagliato di chiedere aiuto. È chiaro che la fermezza nei giudizi è una via ma non deve essere una risposta dettata dalla paura. Nella mia esperienza di tutti i giorni la cosa che funziona è l’ascolto e l’incontro e pian piano ci si rende conto che non tutti vogliono delinquere.

C’è però un problema serio con i minori stranieri non accompagnati o sbaglio?

È un problema ed è sotto gli occhi di tutti, soprattutto nel nord Italia. Arrivano soli, senza nessun tipo di appoggio, sbattuti in mezzo alle grandi metropoli del nord. Senza una comunità che gli accoglie finiscono presto nel mondo della violenza e della delinquenza come unica via. Anche in questo caso la soluzione potrebbe essere entrare in empatia con loro, fargli vedere che non c’è solo la violenza, lo status, il lusso. Diamogli una speranza è quella la via d’uscita!

Gli stupri di questi ultimi giorni hanno rimesso al centro la questione sessuale… educazione sessuale nelle scuole o vietare i porno, cosa può aiutare a sistemare questa situazione?

I ragazzi sono soli! Baby Gang, che è stato ospite nella mia comunità, lo dice nella sua canzone treni

“Non so dire ti amo, Non me l'hanno insegnato, l'ho Imparato da solo ma non ha funzionato”

Abbiamo giovani analfabeti non solo dal punto di vista sessuale ma anche affettivo ed emotivo. Mi rendo conto che per questioni storiche e culturali né la famiglia né la scuola danno risposte efficaci in tal senso.

Pare chiaro che non trovando risposte cercano online e si auto formano con i risultati che poi vediamo, il porno è un grande problema e influisce su menti molto fragili. Sia in famiglia che a scuola si torni a capire cosa sia il rispetto dell’altro, cosa sia una vera affettività, l’educazione sessuale fine a sé stessa non darà risposte.

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