Sparò allo straniero che gli distruggeva casa con la ruspa, probabile l'archiviazione

Emergono ulteriori indizi a favore di Sandro Mugnai, il cinquantatreenne incensurato che sparò (uccidendolo) il dirimpettaio albanese che stava distruggendogli casa con una ruspa

La casa di Mugnai colpita dalla ruspa
La casa di Mugnai colpita dalla ruspa

L'ultima parola spetta in questa fase al pubblico ministero, che quando arriveranno i riscontri delle ulteriori perizie balistiche disposte per ricostruire l'accaduto dovrà decidere se chiedere l'archiviazione per legittima difesa o se proseguire nell'inchiesta. Ma sulla base degli elementi sin qui raccolti, l'ipotesi che sta via via prendendo sempre più quota resta la prima. Sarebbero questi gli ultimissimi sviluppi legati alla tragedia di Arezzo, che ha portato nei giorni scorsi alla morte del cinquantanovenne albanese Gezim Dodoli e all'iniziale arresto dell'artigiano di 53 anni Sandro Mugnai. Nei confronti di quest'ultimo (incensurato) è caduta l'accusa di omicidio volontario, tant'è che dopo tre giorni trascorsi in carcere ha già avuto la possibilità di tornare dalla sua famiglia.

A spingere al momento verso l'archiviazione, secondo il quotidiano La Nazione, ci sarebbero in primis le motivazioni messe per iscritto dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Arezzo, che ne hanno decretato la scarcerazione. “Sandro Mugnai non è una persona né violenta né pericolosa, si tratta di un uomo che ha agito per difendere la propria e l'altrui incolumità, la sua reazione scattava, essendo impedita ogni via di fuga, con la casa mezza distrutta e con Gezim Dodoli che non arrestava la propria furia - si legge nel documento - l'unico strumento che Mugnai aveva a quel punto a disposizione era una delle sue armi". A rafforzare questa tesi ci sarebbero peraltro nuovi dettagli emersi proprio nelle scorse ore: prima di aprire il fuoco contro l'ex-amico che stava distruggendogli casa con l'escavatore, Mugnai avrebbe chiamato prima il 112 e poi il 113 (ntorno alle 20.30). Un'altra prova a sostegno del fatto che il cinquantatrenne le abbia davvero provate tutte per risolvere la situazione pacificamente e che abbia sparato solo quando si è reso conto di essere in pericolo di vita, insieme ai suoi cari.

Gli investigatori hanno, com'è ormai noto, ricostruito a grandi linee la dinamica dei fatti: lo straniero sarebbe salito su una ruspa ed utilizzando la benna avrebbe prima danneggiato le auto del vicino, per poi colpire le pareti esterne dell'immobile. In quel momento, la famiglia Mugnai si trovava all'interno dell'edificio e un colpo particolarmente deciso avrebbe minato la solidità del tetto, rischiando seriamente di far crollare tutto. Mugnai avrebbe cercato di convincere Dodoli a fermarsi, poi avrebbe imbracciato la carabina e sparato un primo colpo dimostrativo a terra. Solo dopo essersi reso conto che il suo gesto non aveva sortito alcun effetto, avrebbe esploso altri colpi verso l'uomo, uccidendolo.

Intanto, i residenti nella frazione di San Polo hanno fatto partire una colletta a favore dei Mugnai: la casa colonica teatro del dramma è ancora inagibile e il nucleo familiare vive al momento dalla madre di Sandro.

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