Una violenza a seguito di un litigio: è l’ipotesi del fratello di Liliana Resinovich che in un’intervista ha esaminato la misteriosa morte della sorella, per cui lo scorso giugno si è opposto all’archiviazione per suicidio. No, per Sergio Resinovich, la sorella non si è tolta la vita: “Lei è morta a causa di una lite violenta, verbale, che dopo avrà ricevuto anche un colpo, un pugno, non si sa se al lato destro, forse anche dal sinistro, avrà sbattuto con la testa sul montante di una porta, o magari in auto, dove c’è il montante della cintura di sicurezza. Chi era con lei è l’ha creduta morta o ha avuto paura e non ha chiamato nessuno per non essere incolpato” ha dichiarato l’uomo a Quarto Grado.
Si è alle ultime battute, con tutta probabilità, delle nuove indagini riaperte: stando alle indiscrezioni riportate dalla trasmissione, la procura avrebbe finora effettuato tutti gli accertamenti di pertinenza alla squadra mobile, alla polizia postale e alla scientifica, ma non sarebbe emerso qualcosa tale da giustificare l’iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati. Forse l’autopsia, che si svolgerà il prossimo 13 febbraio, sarà l’ago della bilancia.
Ci sono molti interrogativi ancora aperti: uno su tutti la data della morte, ma anche altri “minori” ma non di poco conto. Per esempio, il corpo di Liliana è stato ritrovato a Trieste tre settimane dopo la scomparsa - avvenuta il 14 dicembre 2021 - ed era avvolto in sacchi neri, che però lasciavano scoperte alcune porzioni del cadavere. I sacchi erano integri nonostante la presenza di animali selvatici in zona, non presentavano impronte di nessun tipo, ma solo il Dna di Liliana, ed erano abbastanza grandi da contenerla tutto, una donna alta 1,56 metri e del peso di 50 chilogrammi.
“Non possiamo fare i conti con quella scena - ha spiegato la consulente di Sergio Resinovich Gabriella Marano - I sacchi neri, il cordino lasso e la posizione del cadavere di Liliana. Quei sacchi neri, in realtà, nell’economia di un suicidio, non hanno nessun significato. Secondo noi hanno avuto invece la funzione di un trasporto più sicuro del corpo oppure di potrebbe ipotizzare un’attività di undoing”. L’undoing è quel meccanismo in cui un presunto killer prende le distanze dal gesto coprendo la prova del delitto, e annullando così senso di colpa e vergogna.
L’ipotesi suicidiaria sembra lontana, tanto più che, stando alle parole del vedovo, non c’era nessun biglietto d’addio: “Se avessi trovato qualcosa, l’avrei consegnata sicuramente alla polizia” ha commentato Sebastiano Visintin.
La famiglia di Lilly ha spesso criticato l’atteggiamento del marito, sia per le presunte resistenze alla denuncia iniziale, sia per le apparenti contraddizioni nelle sue parole. L’esperto Massimo Picozzi ha parlato di un fenomeno chiamato “confabulazione”: in altre parole Sebastiano sarebbe in buona fede e riempirebbe ricordi mancanti con avvenimenti verosimili o comunque razionali in base ai ricordi che restano.
Sergio ha invece raccontato di uno scatto avuto da Sebastiano durante una festa di famiglia, scatto che l’avrebbe portato a lanciare lo smartphone.
“L’avrà minacciata verbalmente più volte, io reputo questo, vedendo tutti i filmati che lui ha pubblicato dappertutto di come si vedeva Liliana” ha aggiunto Sergio parlando del velo di tristezza che avvolge Lilly nelle ultime foto e video prima della scomparsa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.