Gli ultimi messaggi di Leo, morto suicida a Senigallia: "Non ce la faccio più"

Quattro giorni prima di togliersi la vita, il 15enne aveva inviato 7 messaggi whatsapp alla madre: "Ho parlato con il prof di sostegno, ma lui non fa nulla"

Gli ultimi messaggi di Leo, morto suicida a Senigallia: "Non ce la faccio più"
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"Non ce la faccio più". È uno degli ultimi messaggi che Leonardo Calcina, 15 anni, ha inviato alla madre Viktoryia quattro giorni prima di farla finita con la pistola d'ordinanza del padre, un vigile urbano, in un casolare alla periferia di Senigallia. Parole che, all'indomani della tragedia, risuonano come un grido d'aiuto disperato. L'ultimo di una lunga serie, forse, per le angherie che avrebbe subito da un gruppetto di compagni compagni di classe - due ragazzi e una ragazza - ogni giorno da quando era cominciato l'anno scolastico. Gli stessi che i genitori, separati da tempo, hanno denunciato ai carabinieri dopo il ritrovamento del corpo senza vita del loro unico figlio.

I messaggi

Leo, come lo chiamavano in famiglia, viveva una condizione di profondo malessere. Lo si intuisce dal tenore dei sette whatsapp che aveva inviato alla madre nella giornata di mercoledì 9 ottobre. "Mamma, - scrive il 15enne -ho parlato con il prof di sostegno e gli ho detto che voglio andare via dalla scuola perché mi trovo male". Il ragazzo spiega di essersi confidato con l'insegnante "ma lui non fa nulla, non mi ascolta, ha detto che la scuola fino a 16 anni è obbligatoria". Nei messaggi non c'è alcun riferimento ai presunti episodi di bullismo, anche se è palese la sua sofferenza.

La denuncia del padre

A parlare di molestie e pesanti canzonature subite da tre compagni di classe, come anticipa il Corriere della Sera, è il papà di Leonardo nella denuncia sporta lunedì pomeriggio. "Nostro figlio diceva a sua madre che i professori non riprendevano in classe questi alunni che offendevano lui o altri, ma talvolta facevano come finta di non accorgersi di nulla". Accuse gravi, quelle indirizzate dall'uomo ai presunti bulli: "Sempre lo stesso gruppetto di compagni era solito toccarlo, strizzargli i capezzoli in palestra, dargli botte nelle parti intime e manate che, se anche non date con forza, il dolore si sente". In famiglia non c'era alcun tipo di pressione nei confronti del ragazzo: "Leonardo non aveva atteggiamenti omosessuali e dal nostro punto di vista era eterosessuale. - si legge ancora nella denuncia - Mentre quei tre compagni cantilenavano il suo cognome con modalità femminili. Al punto da costringerlo talvolta a indossare gli auricolari per non sentirli".

La versione dei tre ragazzi

Ieri mattina, la ragazzina del gruppetto dei tre compagni classe sott'accusa si è presentata dai carabinieri per dire che non maltrattavano Leonardo e che il bullismo non c'entra con questa drammatica storia. A suo dire, Leo si sarebbe ucciso per un brutto voto al compito di informatica. Una versione smentita dall'avvocato Pia Perricci, che assiste i genitori del 15enne, la quale segnala che i risultati del test sono stati comunicati lunedì mattina e, dunque, quando il ragazzo era già morto.

La lettera del preside

Oggi pomeriggio, a Senigallia, si terranno i funerali del ragazzo. Intanto il preside dell'istituto Panzini, la scuola frequentata da Leonardo, in una lettera aperta agli studenti invita i ragazzi ad essere prudenti: "Ragazzi, mi raccomando, parlate ma sparlate", scrive. Sullo sfondo resta il dolore inconsolabile dei genitori di Leonardo e di coloro che gli volevano bene. "Era un ragazzo d’oro, molto educato e gentile.

- ha raccontato il papà in una intervista a La Stampa - Solitario ma disponibile con tutti". E infine: "Nessuno mi restituirà mio figlio, ma almeno spero sia fatta giustizia perché con tutti quegli insulti me lo hanno distrutto".

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