I giudici assolvono la Rackete (di nuovo)

I giudici hanno dato ragione alla capitana della Sea Watch 3 che nel 2019 ha speronato una motovedetta della Guardia di Finanza: "Ha agito per salvare vite umane"

I giudici assolvono la Rackete (di nuovo)

Il caso è definitivamente chiuso. Carola Rackete secondo i giudici, nell'andare contro una motovedetta della Guardia di Finanza per attraccare con la sua Sea Watch 3 a Lampedusa, non ha commesso alcun reato.

Era il 29 giugno 2019. Al timone della nave dell'Ong tedesca Sea Watch vi era proprio Carola Rackete, la quale aveva chiesto all'Italia un porto sicuro per entrare e far sbarcare 42 migranti a bordo del mezzo. Il dibattito politico sull'immigrazione in quel momento era molto forte. Da poco il parlamento aveva dato il via libera ai decreti sicurezza, le norme volute soprattutto dall'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Per questo già dal precedente mese di marzo si era avviato un vero e proprio braccio di ferro tra le Ong e Salvini. In questo contesto, la Sea Watch 3 comandata da Carola Rackete è arrivata a ridosso di Lampedusa negli ultimi giorni di quel mese di giugno. Dal Viminale, come già fatto in altre simili occasioni nelle settimane precedenti, hanno risposto negativamente alla richiesta di un porto sicuro.

Questo alla luce di quanto previsto dai decreti sicurezza e anche dalla linea politica, portata avanti dal governo Conte I, di impedire alle Ong di attraccare in Italia. Da qui si è poi arrivati ai fatti della notte del 29 giugno. Carola Rackete ha forzato quella sera il blocco imposto da una motovedetta, speronando il mezzo.

Dopo due giorni passati ai domiciliari, la ragazza tedesca è stata liberata. E da allora, nonostante un ricorso della procura di Agrigento guidata da Luigi Patronaggio contro la decisione del Gip, l'orientamento dell'inchiesta è andato a favore dell'azione della Rackete.

Già a maggio infatti era arrivata la richiesta di archiviazione da parte della stessa procura agrigentina. Nelle scorse ore la richiesta è stata accolta. Il Gip di Agrigento ha definitivamente scagionato l'attivista di Sea Watch. Per lei sono quindi cadute le due accuse principali: il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e la violazione dell'articolo 1099 del codice di navigazione. “Rackete – ha scritto il Gip di Agrigento – ha agito nell'adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale ed internazionale del mare”.

In poche parole, la capitana della Sea Watch 3 secondo i giudici è stata legittimata nella sua azione dal tentativo di portare in un luogo sicuro i migranti che aveva a bordo. Inoltre, il Gip ha ritenuto insufficienti gli elementi per ritenere l'ingresso della nave “non inoffensivo”. “La non inoffensività del passaggio – si legge in una parte della sentenza riportata dall'AdnKronos – non può essere desunta dal solo presupposto che i naufraghi fossero tutti stranieri senza documento”.

Confermato l'orientamento dei giudici sul caso Rackete

Ovviamente ad esultare sono stati nelle scorse ore soprattutto gli attivisti di Sea Watch. “Il decreto di archiviazione sconfessa in tutto e per tutto l'applicabilità del Decreto Sicurezza Bis nel salvataggio dei naufraghi”, hanno scritto in una nota gli attivisti dell'Ong tedesca.

L'archiviazione delle scorse ore, tra le altre cose, è in linea con gli orientamenti emersi nella procura di Agrigento anche sugli altri casi trattati dai magistrati siciliani in ordine alle dispute tra le Ong e il governo Conte I. Nei mesi scorsi è stata archiviata la posizione di Luca Casarini, capomissione della nave Mare Jonio, il primo nel marzo del 2019 a sfidare i decreti sicurezza.

Sul caso Rackete, i magistrati agrigentini hanno

seguito anche l'orientamento emerso in sede di Corte di Cassazione nel gennaio 2020, in occasione della sentenza sul ricorso della stessa procura siciliana contro la scarcerazione. I giudici della Suprema Corte avevano infatti scritto che l'attivista Ong ha agito per salvare vite umane.

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