Basta con l'utopia pacifista e con i soldi a Gaza

Non è vero che quello che è accaduto sabato in Israele è nuovo

Basta con l'utopia pacifista e con i soldi a Gaza

Non è vero che quello che è accaduto sabato in Israele è nuovo: la storia dello Stato Ebraico è piena di eventi spaventosi che vengono rimossi, sviliti, ignorati da chi invece dovrebbe tenerne conto. La cultura della pace e del progresso, dell'apertura e della mano tesa non funziona, e questo insegnamento è una luce rossa per il mondo occidentale, pacifista da una parte, spaventato dall'altra, spesso inutilmente opportunista.

Già in pieno processo di pace a lato del rifiuto di Arafat alle proposte di Ehud Barak e di Bill Clinton che gli consentiva nel 2000 uno Stato palestinese oltre ogni programma prima definito, oltre gli accordi di Oslo, si aprirono le cascate di sangue della seconda Intifada. Negli autobus, nei ristoranti, nei luoghi pubblici i terroristi suicidi fecero strage di migliaia di ebrei, per ordine dell'Olp e di Hamas. Più avanti, dopo lo sgombero che lasciò Gaza completamente libera, Hamas si dedicò soltanto a costruire l'arsenale e l'ideologia che le ha consentito di aggredire Israele tante volte, con tanti missili, tanti attacchi terroristici fiancheggiati per altro da Abu Mazen con aiuti economici giganteschi, continui. Il mondo applaudiva alla reazione per un giorno o due, poi ricominciava a suggerire con insistenza petulante come si doveva comprare Israele: lasciare fiorire Hamas e l'Olp; lasciar fiorire il terrorismo.

Adesso, ecco una realtà che sembra un film dell'orrore: ti svegli tranquillo nel tuo mondo, un mondo in cui vorresti solo pace e tolleranza, e all'improvviso, senza che niente l'abbia lasciato prevedere, ti cade addosso una valanga di fuoco di missili. Sei a Gerusalemme e vuoi andare a fare la spesa, a Tel Aviv e devi andare dal dottore... invece sei d'un tratto chiusa in casa per correre nel rifugio a ogni sirena, mentre esplode tutto e arrivano notizie di morti e feriti. Intanto arrivano gli zombie, a migliaia, con le armi automatiche a tracolla: urlano e ridono e ti sommergono di «Allah-u-akbar» sui camion carichi di terroristi, oppure vengono dal cielo aiutati su piccoli velivoli costosi. Cercano te, per aggredirti. Me? Sì, proprio te e la tua famiglia, perché appartieni a una civiltà e a una religione che non ci piace, è scritto nella nostra carta. Gli zombie si spargono nelle città ammazzando tutti quelli che incontrano, rompono la tua porta e la tua finestra per entrarti in casa, sparano a una grande folla di ragazzini che stanno ballando a una festa campestre, li inseguono per ore e ore mentre cercano di nascondersi fra i cespugli e in edifici circostanti. Nei villaggi e nei kibbutz strattonano via donne coi bambini piccoli, uomini al lavoro, vecchietti, li ammazzano, li picchiano, gioiscono attivando i telefonini per mostrare una mamma che li supplica di lasciare andare lei e il bambino, e sono contenti di sbeffeggiarla e strattonarla, e per mostrare come infieriscono sul corpo di un ragazzo militare ucciso. Riprendono anche le violenze sessuali, il sangue sparso mentre nel mondo arabo per la gioia si distribuiscono caramelle, e i capi spingono altri assassini a uccidere.

Tutto questo non può valere una veloce dichiarazione di solidarietà. L'aggressione di Hamas è come quella dei russi sugli ucraini: è un arco di forze, legate l'una all'altra. L'Iran rifornisce di denari, armi, uomini, idee, coordinamento (certo anche in questi mesi di preparazione della grande operazione) Hamas, la Jihad Islamica e gli Hezbollah, rifornisce la Russia di droni. L'azione di Hamas è la quintessenza della minaccia che pesa ogni giorno, quando meno te lo aspetti, su tutto il mondo pacifista, progressista, terzomondista, che crede che un «processo di pace» sia sempre possibile. Molto spesso non lo è e in questo caso bisogna sapere riconoscere la situazione e comportarsi di conseguenza. Ovvero, difendersi.

Dopo che si è assistito all'esibizione palestinese di queste ore è chiaro a molti, come a Joe Biden per esempio, o alla ministra per lo Sviluppo tedesca Svenja Schulze, che occorre cambiare registro. La ministra, più veloce di noi, dice che l'attacco di questi giorni è una svolta e che occorre coordinare con Israele: aiuti non se ne danno più ai palestinesi. Il punto è molto chiaro: fino a oggi la politica internazionale, i suoi aiuti (tra i 30 e i 50 miliardi di dollari dall'Occidente dopo gli accordi di Oslo del 1993), le lodi e le condanne, si sono mossi sull'onda della speranza pacifista costruita dopo la seconda guerra mondiale. Adesso, dopo Putin e dopo Hamas, bisogna dichiarare questo periodo concluso. È il tempo dell'aggressione ideologica al nostro mondo, su più fronti. Adesso che Israele sta bombardando a Beit Hanoun, dove hanno sede gran parte delle strutture militari e strategiche di Hamas, abilmente nascoste tra le case, scuole e negozi, non venga in mente di cercare di bloccare con prese di posizioni internazionali la sacrosanta difesa della popolazione d'Israele sotto tiro. Sarebbe orribile che adesso un giorno dopo che abbiamo visto una madre piangere da un kibbutz chiedendo alla tv di aiutarla a ritrovare i suoi due bambini trascinati via, spariti, deportati dal letto di casa, e chissà se sono ancora in vita come tanti altri piccoli rapiti dai terroristi, forse uccisi, il consesso internazionale osasse di nuove cercare le ragioni di Hamas.

E chiedesse a Israele di fare la pace! Quale pace? Quella della prossima calata sulle nostre case della ferocia e dell'odio? Sarebbe il suicidio di noi tutti, la civiltà democratica, pacifista, occidentale. Dobbiamo vincere gli zombie.

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