Altre due ragazzine cadono nel baratro del Blue Whale Challenge, ma dopo una decina di tappe, vengono salvate da un carabiniere, vero angelo custode. La polizia postale ora indaga per i reati di istigazione al suicidio e induzione in schiavitù e le adolescenti sono monitorate dai servizi sociali.
È accaduto tra Piana lucchese e Valdinievole, province di Lucca e Pistoia, nel cuore della Toscana. Una 16enne come tante, con qualche problema tipico di quell’età, improvvisamente smette di frequentare la scuola, vive chiusa in casa, trascorre tutto il tempo al computer, dialogando solo con una compagna di classe sua coetanea, residente a Montecatini. Insieme finiscono nel tunnel e iniziano a cercare nella rete ufficiale, ma anche nel deep web, il curatore che le accompagnerà al suicidio.
Così iniziano a sottoporsi ad alcune prove indicate dal Blue Whale ma, come racconta Quotidiano.net, il caso ci mette lo zampino e la ragazza lucchese si confida su WhatsApp con un sedicenne: "Ho deciso di farla finita...". L’amico capisce che c’è qualcosa che non va e corre a raccontare tutto ad un amico di famiglia, un carabiniere, che non perde tempo: convoca la madre in caserma e le spiega il pericolo.
La donna aveva notato strani segni sulle braccia della figlia, ma era convita che fossero i graffi del gatto. In realtà si trattava della scritta "F 57". Dopo aver letto un post su Facebook dell’amica, "I am Whale", si è spaventata e ha chiesto spiegazioni alla figlia, togliendole il cellulare.
Sull’apparecchio tra l’altro è spuntato fuori un messaggio vocale in cui si faceva riferimento all’insano proposito di farla finita.Così sono intervenuti i carabinieri, interrompendo in tempo questo gioco suicida per entrambe le adolescenti.
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