C’è la coda anche per morire A Cosenza decine di bare accatastate in magazzino

A Cosenza decine di bare parcheggiate in attesa di un loculo che non c’è. Non è il solo caso, ma una soluzione esisterebbe. Costosa

C’è la coda anche per morire  A Cosenza decine di bare  accatastate in magazzino

Non solo alle Poste, non solo al Pronto soccorso. Anche dopo. Sempre in coda, una fatica mortale. Dentro a una bara non abbiamo più la stessa fretta e non avvertiamo più lo stesso stress, ma resta seccante. Come ai caselli autostradali di venerdì sera, anche per l'ultimo viaggio ci imbottigliamo in paurosi ingorghi. Giorni e giorni di attesa prima di trovare degna sepoltura. Spesso neanche tanto degna, com'è successo tempo addietro a Trieste, dove la crisi degli spazi nel cimitero di sant'Anna aveva consigliato il Comune a comprimere i cari estinti uno addosso all'altro, dieci centimetri soltanto tra le bare, salvo pietoso intervento dell'ultima ora per ripristinare almeno un più dignitoso mezzo metro.

Poi raccontiamo in giro che morire comporta quanto meno la fine di tutti i problemi. Da Nord a Sud, sono sempre grane. Il sacro suolo della Patria si mostra ostile ad accogliere gli italiani trapassati. Non c'è più posto. Il nostro culto dei morti, finchè non si arriverà alla cremazione generalizzata, crea pesanti effetti collaterali. Alla crisi delle abitazioni segue la crisi dei loculi. Da Triste a Cosenza, i casi si somigliano tutti. Nel centro calabrese si ascoltano testimonianze da brivido: «Mia madre - racconta a Tgcom24 il signor Sergio - è morta il 7 febbraio, ma abbiamo potuto tumularla dopo trenta giorni. Per tutto questo tempo è rimasta chiusa in un magazzino sporco insieme a tante altre bare, tutte in attesa di sepoltura».

Si racconta che lo spettacolo nel cimitero di Colle Mussano sia quanto mai macabro e angosciante: le bare aspettano giorni e giorni, fino a quando non vengono ricavati nuovi loculi, molto a rilento. Da un'inchiesta di due cronisti locali risulta che l'unica scorciatoia possibile sia pagare tremila euro ad alcune confraternite titolari di spazi cimiteriali: il loculo salta fuori, ma i prezzi ricordano molto quelli di Saint Moritz, parlandone da vivi. Ad ogni modo, la realtà comune resta quella documentata dai reportage fotografici sul Quotidiano della Calabria: le bare vengono accumulate in lista d'attesa, come lo scatolame e i detersivi sugli scaffali degli ipermercati.

Ci meriteremmo tutti di meglio, almeno in una seconda vita. Ma ancora una volta, come spiega il vicesindaco Katya Gentile, «a determinare l'incresciosa situazione sono diversi fattori, di nessuno dei quali questa amministrazione può essere ritenuta responsabile: procedure opinabili e lentezze, da cui discende l'enorme contenzioso che investe quasi tutte le ditte impegnate nei lavori per il cimitero. Però stiamo mettendo ordine: posso tranquillamente affermare che la svolta è in corso».
É il nostro bieco destino: ci dobbiamo portare dietro questi discorsi, tutta la fumosità e le intricate matasse della burocrazia, anche dopo. E la chiamano pace eterna. Purtroppo non c'è nessuno degli utenti che possa fare niente per sbloccare la situazione: nessuno può muovere un dito. Tocca ai parenti, già abbastanza afflitti dall'evento, affrontare anche queste surreali battaglie di civiltà e di decoro. Come sempre, l'assurdo viene soltanto un centimetro prima del grottesco. Così, di fronte all'insostenibile penuria di loculi e alle crudeli attese in deposito, un sindaco italiano ha ritenuto doveroso emettere la circolare adeguata.

É Giulio Cesare Fava, medico, primo cittadino di Falciano, Caserta. Questa l'ordinanza, datata 2 marzo: «É fatto divieto ai cittadini, per quanto nelle possibilità di ciascuno, di oltrepassare il confine della vita terrena per andare nell'aldilà».
Nell'Italia dei divieti odiosi, questo è decisamente il più simpatico. Il sindaco si dice costretto a vietare il decesso per stringenti ragioni pratiche: nel paese manca il cimitero. I falcianesi dovrebbero usare quello del comune accanto, Carinola. Ma i rapporti tra i due centri è decisamente difficile: nel 1964 Falciano decise di staccarsi da Carinola, e da allora ne paga le conseguenze. «É una situazione che si trascina da cinquant'anni - spiega ancora il sindaco - ma ormai si è fatta insopportabile. Ultimamente hanno deciso l'ampliamento del cimitero di Carinola, ma non parte e non sappiamo perché». Da qui la storica decisione: uscire dal consorzio con il comune vicino e costruire un proprio cimitero. Nell'attesa, però, vietato morire: «La gente è contenta: almeno l'ordinanza haportato allegria».

Purtroppo, fatta la legge e trovato l'inganno. Eternamente insofferenti alle regole, gli italiani non si smentiscono mai: c'è sempre qualcuno che fa il furbo. Dimostrando pessimo senso civico, già in due hanno violato il divieto.

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