In un colpo solo il governo ha approvato ieri un disegno di legge del ministro Giuseppe Valditara che tra l'altro rimette con forza al centro delle valutazioni scolastiche il voto in condotta e una riforma del codice della strada voluta da Matteo Salvini che inasprisce le sanzioni per chi guida in modo non consono (alcol, droghe, cellulari). Non sfuggirà che pur parlando di ambiti diversi c'è un filo che lega i due provvedimenti, un filo che arriva dalla stessa matassa, quella di un governo che come annunciato vuole riportare un po' di ordine in situazioni che erano sfuggite al controllo.
In sintesi: lo studente che insulta o addirittura mena i professori e bullizza i compagni non può procedere impunito nel suo percorso di studi, meglio per lui una salutare pausa di riflessione. Così come chi guida chattando con gli amici o usando il telefonino come telecamera per vantarsi sui social delle più svariate imprese è meglio per tutti, non soltanto per lui, che per spostarsi molli l'auto e riparta dalla bicicletta.
Già sento il solito coro progressista indicare queste misure come illiberali, dimenticando che libertà e disciplina vanno di pari passo e che, diceva il filosofo fondatore del pensiero moderno Immanuel Kant «la mancanza di disciplina è peggio della mancanza di cultura». E la disciplina prevede innanzi tutto il rispetto di sé stessi e degli altri, concetto universale che questa destra fa ovviamente suo e questa sinistra si ostina a non riconoscere per motivi che sfuggono all'umana comprensione.
Ricordo che il giorno che non venni ammesso all'esame di maturità appunto per motivi disciplinari (alle lezioni preferivo condurre le rassegne stampa sulle nascenti radio private) mio padre si complimentò con il preside.
Al momento, dico la verità, ci rimasi male sia per l'una che per l'altra cosa ma col tempo ho capito che entrambi avevano ragione da vendere e dentro di me non ho mai smesso di ringraziarli. E lo stesso vale per il poliziotto che una notte di Natale di tanti anni fa mi fermò per un tasso sia pure di poco superiore al limite consentito. Perché? Semplice, perché oggi posso dire di essere libero e vivo.
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