“Ci avete messo col culo per terra”. A sedici giorni dallo scoppio del Coronavirus in Italia, lo stivale è paralizzato. I morti sono in aumento, ieri sera erano saliti a 197. Aumentano anche i guariti, ma ormai le regioni sono tutte colpite. Gli ospedali sono oberati e i medici, gli infermieri e gli operatori in prima linea, fanno turni massacranti per gestire l’emergenza.
E il problema, oltre all’emergenza sanitaria globale, è anche quello economico, sociale, l’isolamento delle persone, l’angoscia e la paura per qualcosa che non si conosce.
Noi del Giornale.it siamo andati nella zona rossa di Vo’ Euganeo, quel paese ai piedi dei Colli Euganei, di appena tremila abitanti che da quindici giorni vive l’incubo.
Qui abitava la prima vittima del Coronavirus italiano, Adriano Trevisan, che aveva 77 anni ed era il padre dell’ex sindaco di Vo’, Vanessa Trevisan. Era stato ricoverato una decina di giorni prima all'ospedale di Schiavonia, località di Monselice sempre nel padovano. Era il titolare di una piccola impresa edile, un muratore, e da tempo era in pensione. Era stato ricoverato perché i sintomi che aveva, facevano pensare a una grave forma influenzale. Ma mercoledì 19 febbraio, le sue condizioni erano peggiorate. Lui e un'altra persona di sessantasette anni, sempre residente a Vo' Euganeo, erano stati sottoposti al tampone faringeo e nel pomeriggio di quel venerdì era arrivato il responso: positivo.
Subito trasferiti entrambi nel reparto Malattie Infettive di Padova, Adriano non ce l'ha fatta e dopo poche ore è morto. I due pensionati si conoscevano, e frequentavano entrambi gli stessi due bar, poi chiusi con un'ordinanza del sindaco.
Da quel momento è cominciato l’incubo. Vo’ Euganeo, viene isolata, presidiata, tutti gli abitanti si chiudono in casa, il sindaco Giuliano Martini invita a non uscire. Il Governatore del Veneto, Luca Zaia, attiva l’unità di crisi, le autorità si mettono in moto, parte il cordone sanitario con l'utilizzo dell'esercito per risalire ai contatti che possono aver avuto i due contagiati.
Le persone, chiuse in casa, chiedono informazioni sui social. Le chat rimbalzano ogni minuto. La gente è allarmata. Anche nei comuni che distano chilometri, ci si chiede se sia il caso di festeggiare il Carnevale, di portare i figli a scout, di farli uscire.
La situazione non è bella, e si aggrava sempre più. Con l’auto andiamo da Schiavonia a Vo’ Euganeo, sono 28 minuti di ansia. In giro non c’è anima viva, tutto spento, tutto chiuso. Tutto fermo. Il paesaggio quando arriviamo dentro Vo’, prima che venisse presidiata dall’esercito, è spettrale.
Un paese immerso nelle colline, dove per scendere ci sono anche i tornanti. Lungo la strada qualche trattore, ma appena entriamo già nella zona limitrofa del cuore del paese, fa paura. Attorno non c'è anima viva. Persino la pompa del distributore di benzina, illuminata con la notte che scende, sembra una di quelle abbandonate dei film americani. Solo i due alimentari sono aperti, per consentire alle persone di comprare le provviste. Perché ora il focolaio è proprio qui, in questa piazza deserta, luci spente, chiusi negozi, bar, ristoranti, pizzerie, anche la concessionaria di auto ha chiuso le porte. Le ricadute sull’economia sono incalcolabili, gli abitanti si mobilitano, provano a farsi sentire. “Fateci uscire, ridateci la nostra libertà”, dicono. Le attività sono ferme, le aziende anche.
“Ci avete messo col culo per terra – ci dice Stefano Mutta, titolare dell’impresa di costruzioni a Vo’ Euganeo che mostra i suoi macchinari completamenti fermi da più di due settimane – dateci una mano. Da lunedì prossimo non è che tutto questo sarà finito. Avremo delle grosse perdite anche a marzo, aprile, maggio. Una azienda come la mia si troverà in grande difficoltà da lunedì, se tutto va bene, se riapre. Il problema sarà lungo. Io chiedo a queste persone che ci hanno messo col culo per terra, veramente col culo per terra, perché un’ attività come la mia che è partita da cinque anni, che si è fatta il mazzo tanto, che ha fatto degli investimenti, che non ci fate dormire da due settimane ormai, che è un grande problema, io chiedo che ci diano una mano perché non è che ci devono spostare il pagamento delle tasse o sospendere il pagamento delle tasse, ci devono togliere proprio il pagamento delle tasse per tutto il 2020 perché non possiamo andare avanti. Io dico a chi ci sta governando, a chi ha fatto queste scelte che non può farne ancora di sbagliate. Avete fatto riunioni nei ristoranti cinesi, avete fatto assemblee, cene, per dimostrare che non c’erano problemi, fatelo anche per noi, da lunedì prossimo venite ogni fine settimana da noi.
Il signor Conte con i suoi amici, collaboratori, venite a mangiare sui Colli Euganei, venite, fateci pubblicità, perché i problemi che ho io ce li hanno anche i ristoratori, i produttori agricoli, i viticoltori, perché altrimenti Vo’ tra un po’ di tempo non lo vedrete nemmeno più sulla cartina”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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