Sorride Mara Carfagna, il ministro per il Sud, al rientro in ufficio dopo il Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio. È stata al mare in Sardegna, a Villasimius, con il compagno Alessandro Ruben («io lo chiamo mio marito») e la piccola Vittoria, 10 mesi. «È la mia prima estate da mamma, non sono neppure riuscita a leggere i due libri che mi ero portata appresso..». La prossima settimana tornerà a Salerno dai genitori.
Ministro Carfagna, quali saranno le conseguenze immediate per l'Italia della crisi afghana? Potrà aumentare anche il rischio terrorismo?
«Gli attentati di ieri sono un terribile campanello d'allarme. Il terrorismo si nutre di instabilità, ed è ovvio che lavori per il caos in uno dei crocevia strategici tra Occidente e Oriente. E tuttavia l'Europa e l'Occidente hanno ancora strumenti per giocare questa partita, se sapranno trovare una posizione e una condotta unitaria. Il ruolo assunto da Mario Draghi nella crisi è finalizzato soprattutto a questo. Ogni aiuto materiale, ogni forma di dialogo, in questa fase emergenziale ma anche dopo, deve essere subordinato a due obblighi: il rispetto dei diritti delle donne, il rifiuto di ogni tentazione terrorista».
Come può stare in maggioranza con un partito come i 5 Stelle che ancora l'altro giorno con l'ex premier Conte mostra comprensione verso i talebani e la sharia?
«Più di una volta in passato elementi della maggioranza hanno prodotto note stonate, ma alla fine il concerto lo guida il direttore. Mario Draghi è sempre riuscito a valorizzare il meglio dell'orchestra e a produrre un'ottima musica».
Sulla ripresa l'incognita Covid, con il rischio di nuove restrizioni per i contagi alla fine delle vacanze. La situazione è sotto controllo? Che strumenti ha il governo per tornare alla normalità tra obbligatorietà della vaccinazione o test salivari che stanno prendendo piede come ipotesi?
«Il governo ha usato e sta usando ogni strumento utile per fronteggiare l'emergenza Covid. Tra il 2020 e il 2021 è stato cancellato ogni tipo di vincolo di bilancio per fornire ristori, assistenza, sussidi, per finanziare la campagna vaccinale, per sostenere lo smart working o la Dad quando sono stati necessari, per gli aiuti alimentari, per il sostegno ai precari, al commercio, alla ristorazione. Ora quella parte del Paese che ancora mugugna contro il vaccino è chiamata a fare il suo dovere. L'obbligo vaccinale, soprattutto per alcune categorie, non è un tabù, e tuttavia mi chiedo: ma davvero una parte degli italiani vuole essere trattata come un bambino? Non capiscono che vaccinarsi è il solo modo per evitare una nuova crisi, fatale per l'Italia? Fino a che punto arriva il loro egoismo? La cittadinanza è fatta anche di doveri, non solo di diritti».
Lei è ministro per il Sud. Ci sono rischi che il Pnrr non si trasformi nell'ennesima pioggia di denaro sprecato nel Mezzogiorno?
«Lo escludo. Il Pnrr non distribuisce soldi, finanzia progetti valutati uno per uno e già incardinati in un preciso cronoprogramma. Se i progetti non partono, non partono neanche i soldi; se i progetti non avanzano, i finanziamenti si interrompono».
Sei mesi di governo Draghi. Com'è cambiata l'Italia dopo i mesi bui del lockdown e del governo giallorosso?
«Eravamo la Cenerentola d'Europa, oggi con Mario Draghi siamo Paese di riferimento nel confronto continentale sulle principali partite economiche, sociali, di politica internazionale. Eravamo i più lenti dell'Unione, siamo diventati i più veloci: tra i primi nell'approvazione del Piano di Ripresa, tra i primi nell'erogazione degli anticipi, primi nelle previsioni di incremento del Pil. Non mi sembra poco».
Nel governo sono in discussione, da fronti opposti, il ministro Lamorgese e il sottosegretario Durigon che ieri sera si è dimesso. C'è la possibilità che lasci anche il ministro dell'Interno?
«Non c'è alcuna simmetria tra i due casi. La valutazione dell'efficacia dell'azione di un ministro sulla prima linea di uno dei più cronici e irrisolti problemi italiani non può essere fatta con la contabilità degli sbarchi: sta improntando un'azione di lungo periodo, l'unica che può fronteggiare un fenomeno di portata epocale, è ovvio che i frutti non siano immediati. Difendo l'operato della collega Lamorgese, vittima di una campagna di delegittimazione pretestuosa che segue un pessimo copione italiano: la ricerca ossessiva di un nemico a tutti i costi. Questa pratica magari è tollerabile in tempi normali, ma in tempi eccezionali come questi è davvero fuori luogo. Il giudizio sulle parole inopportune di un sottosegretario è altra cosa: quelle frasi sono state pronunciate, hanno creato imbarazzo anche nella Lega e lo stesso Durigon ha dovuto ammettere l'errore e trarne le conseguenze».
Grandi scenari. La partita del Quirinale, dove il centrodestra dopo trent'anni può veramente giocare per portare al Colle un proprio candidato. Chi sceglierebbe lei come presidente della Repubblica?
«Sa bene che, per il mio ruolo e il rispetto che devo al Quirinale, non posso risponderle. Ma mi piacerebbe un Presidente di tutti, sul modello che ha offerto Sergio Mattarella garantendo stabilità, prestigio e autorevolezza all'Italia anche nelle fasi più complesse».
Fa passi avanti la federazione tra Forza Italia e Lega. È vero che l'idea della cabina di regia tra partiti e rappresentanti di governo lascia perplessi i ministri?
«Silvio Berlusconi con gli ultimi incontri ha fatto chiarezza. Non ci sono strappi alle porte ma un calendario di iniziative comuni per verificare la sintonia e la compatibilità delle proposte. Su temi come il green pass e i vaccini, la grande emergenza del momento, restano distanze che vanno colmate. Forze che si propongono di governare insieme il Paese non possono alimentare incertezze su questo argomento».
Si è sempre battuta per la tutela delle donne. Possibile che non ci siano strumenti di legge più efficaci per contrastare la piaga dilagante dei femminicidi?
«Gli ultimi casi, e specialmente quello della povera Vanessa Zappalà, ci dicono che il problema non sono le norme ma la loro applicazione.
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