Espulsione del ghanese Paul. Il frate Biagio Conte digiuna e si incatena

Biagio Conte da più di dieci giorni è in sciopero della fame. Dorme su giacigli con scatole di cartone e prega sotto la statua di don Pino Puglisi. Chiede che il ghanese Paul non si espulso dall'Italia

Espulsione del ghanese Paul. Il frate Biagio Conte digiuna e si incatena

Prosegue senza sosta lo sciopero della fame di Biagio Conte, il missionario laico, fondatore della Missione Speranza e Carità di Palermo, che da oltre dieci giorni digiuna per sostenere la battaglia di Paul, il ghanese che da anni lavora come idraulico alla Missione, da una quindicina di giorni in tasca ha un decreto di esplusione. Fratel Biagio e Paul hanno messo le catene alle caviglie con l'augurio che "siano spezzate mettendo così fine alle ingiustizie". Biagio Conte ha lanciato appelli al Papa, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte e all'arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice per trovare una soluzione che consenta all’immigrato di restare in Italia. Appelli che fino ad ora sono rimasti inascoltati. "Non possiamo dimenticare la storia, ci sono ancora dei solchi profondi degli anni della schiavitù, della deportazione - dice il frate laico - .In questo periodo vi è un ritorno alla sopraffazione e alla disumanizzazione. Negli anni passati avevamo superato questo periodo negativo della storia, nelle nostre coscienze era maturato un cambiamento che tutto questo non accadesse mai più. In questi ultimi tempi purtroppo c'è stato un ritorno ai tempi bui. Tutti quei paesi africani che hanno subito deportazioni dei loro popoli, dovevano ricevere un aiuto, un sostegno concreto per le loro terre ma invece non abbiamo dato nulla, abbiamo tolto le risorse, colonizzando interi territori. Negli ultimi anni, siamo stati invasori con le multinazionali, qual è stato il risultato? Che stanno impoverendo l' Africa. Una piccola minoranza di africani ha ricevuto ricchezze, e tutto il resto del popolo è affamato creandosi cosi una nuova emigrazione (deportazione). Questo popolo affamato, i nuovi profughi, scappano per cercare una terra promessa, un luogo dove ricominciare".

La missione Speranza e Carità da 25 anni lavora sul territorio come assistenza ai poveri, senza tetto e malati psichici. "Adesso dopo anni e dopo aver ricevuto una speranza, a tanti fratelli che stavano ricostruendo la loro vita si rischia di togliergli la speranza, con metodi (leggi) ingiusti che oggi ci riportano ad una nuova schiavitù, ad una nuova tratta. Li stiamo giudicando annientando e condannandoli a rientrare forzatamente nei loro paesi.

Con quale rischio? Un ritorno fortemente negativo e ingiusto. Ma abbiamo capito che l'Africa è il futuro e la nostra Speranza? Questo appello non è per una parte politica o per un'altra parte politica ma per tutta l'umanità".

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