Storie incredibili, dalla seconda guerra mondiale alla Prima Repubblica, tra depistaggi, doppiogiochismo, fiumi di denaro e morti sospette. Professione 007 è la serie podcast nata dalla collaborazione tra Dark Side – storia segreta d’Italia e ilGiornale.it. Una nuova puntata qui ogni martedì alle 14.
Il gesuita arriva in via Nino Bixio, nel quartiere Esquilino a Roma, visibilmente trafelato. Nella sezione del Partito comunista, l’assemblea è cominciata già da una mezz’ora. Entrato nell’edificio, l’uomo deve farsi largo a fatica tra la folla. Sulle pareti, i ritratti di Lenin, Stalin e Togliatti, in fondo al salone principale, il tavolo dei relatori imbandierato di rosso.
Ad accoglierlo, Ottavio Pastore. Il giornalista tra i fondatori del Pci e primo direttore del quotidiano l’Unità, fuma una sigaretta e gli fa cenno di accomodarsi. Il gesuita non perde tempo, saluta la platea con un «Compagni e fratelli in Cristo» e si lancia in uno discorso appassionato. Si scaglia contro la guerra, contro la bomba atomica, contro Mussolini. Poi, mentre la folla infiammata pende dalle sue labbra, la giravolta: «Diamo le armi all’Italia e avremo la pace!». I militanti comunisti ridono. Ma forse la loro reazione sarebbe stata differente, se in quel 10 marzo 1949 fossero stati consapevoli di aver assistito dal vivo ad una raffinata operazione di guerra piscologica.
Félix Andrew Morlion nasce in Belgio nel 1904 e diventa frate nell’Ordine dei predicatori nel 1929. Interessato al ramo dell’informazione e alle tecniche di comunicazione di massa, Morlion fonda nel 1930 un’agenzia di stampa cinematografica e, contestualmente, comincia ad organizzare a Bruxelles dei centri di ricerca, formazione e pubblicazione di testi che prendono il nome di Comitati d’azione Pro Deo. La loro funzione è sostanzialmente quella di contrastare la potente infiltrazione e la propaganda dei totalitarismi emergenti.
A partire dal 1938, i nazisti cominciano a tenere d’occhio le pubblicazioni dei comitati Pro Deo, che a quella data seguono 1.750 tra giornali e periodici in 31 Paesi. Con l’invasione del Belgio nel 1940, Morlion è costretto a riparare a Lisbona, dove nasce il Cip-Centro di Informazione Pro Deo, che ben presto diffonde notizie su scala internazionale, in particolare in Inghilterra, Stati Uniti e America Latina.
Nel 1941, con una taglia della Gestapo sulla sua testa, Félix Morlion si rifugia negli Stati Uniti grazie al supporto dell’Office of Strategic Service [l’organo antesignano della Cia] e lì i suoi progetti trovano nuova linfa. Il nuovo centro internazionale Pro Deo di New York, che si avvale di eminenti collaboratori - uomini di scienza e d’azione scappati dalla polizia delle forze d’occupazione e rifugiati negli Stati Uniti - è attivo come agenzia di stampa, ma anche nella pubblicazione di documentazione in inglese, francese e spagnolo, nella ricerca e nell’insegnamento.
Negli Stati Uniti incontra Don Luigi Sturzo, che il 4 maggio 1944 scrive a Earl Brennan, capo del servizio di spionaggio Usa in Italia: «Félix Morlion intende recarsi in Italia. L’ho incoraggiato per l’ottimo lavoro che può realizzarvi. Lo conosco molto bene. Confido nella sua religiosità e nella sua abilità. Gli affiderò alcuni compiti di carattere sociale e religioso da svolgere in Italia».
Morlion approda in Italia nel 1944 al seguito delle armate alleate, portando con sé la fama di esperto di guerra psicologica e di propaganda di massa. Dopo aver incontrato Alcide De Gasperi e i vertici della Dc, e dopo aver preso contatto con l’Azione Cattolica, nel 1945 Morlion - con l’appoggio di monsignor Montini, il futuro papa Paolo VI – fonda l’Università Internazionale di Studi Sociali Pro Deo [oggi LUISS], che presto diventa il punto di riferimento per la nascente collaborazione ideologica tra il Vaticano e le diramazioni del governo americano in contrasto all’influenza del comunismo in Italia.
Morlion e la Pro Deo non si limitano alla propaganda anti-comunista: come dimostrano i documenti inediti, che ilGiornale.it può qui mostrare per la prima volta, l’università fondata dal gesuita belga organizza corsi di russo per religiosi, allo scopo di preparare vere e proprie figure di intelligence da inserire nella “chiesa del silenzio”, cioè l’enclave della Chiesa di Roma in Russia.
A conti fatti, negli anni della Guerra Fredda, la Pro Deo funzionerà come un vero e proprio servizio informazioni diviso in tre rami: quello pubblicitario, quello informativo e – il più importante – quello universitario, che svilupperà una solida rete di proselitismo tra i giovani. Molto importante, nei primi anni ’50, è anche l’azione dall’interno contro il Pci.
Nel documento qui presentato per la prima volta, un appunto dell’ottobre 1952 ricostruisce i rapporti della Pro Deo con i circoli culturali legati al partito comunista.
In particolare, nell’appunto si cita il caso di Torino, dove un gesuita legato a Morlion, padre Enrico Rovesenda, frequenta intellettuali marxisti come Alfonso Gatto o Salvatore Quasimodo. La Pro Deo cerca continuamente sovvenzioni economiche, soprattutto al Nord. Un appunto del 3 settembre 1952, qui presentato in anteprima, ricostruisce il tentativo di Morlion di ottenere fondi da industriali lombardi e piemontesi, facendo anche breccia nell’Azione Cattolica.
E proprio in questi ambienti, puntando tutto sull’anticomunismo, Morlion cerca di creare gruppi di attivisti ultracattolici, i Crociati Bianchi. Nell’appunto datato 9 febbraio 1952, che ilGiornale.it è in grado di mostrare qui per la prima volta, si riferisce del tentativo di Morlion di fondare uno scuola per attivisti nel Varesotto.
La rete di relazioni della Pro Deo prospera e si ramifica anche e all’estero. Nel documento del 31 maggio 1954, che ilGiornale.it è in grado di mostrare qui per la prima volta, si ricostruiscono i legami internazionali di Morlion negli Stati Uniti, in Germania o in Brasile.
Tuttavia, il cuore dell’attività della Pro Deo è in Italia. Elemento fondamentale è il Cip, il Centro Informazioni e Pubblicazioni, l’agenzia di stampa quotidiana dell’università di Morlion.
In un appunto datato 21 gennaio 1955, qui presentato in anteprima, si ricostruisce il ruolo di giornalisti senza scrupoli, passati anche dalle fila del Pci, che sono a metà tra i cronisti e gli agenti segreti, un’arma efficacissima per l’infiltrazione.
L’informazione è campo di azione privilegiato per la Pro Deo e infatti nell’ottobre del 1968 il settimanale Mondo d’Oggi, in cui lavora il promettente giornalista Carmine Pecorelli, annuncia un’inchiesta che coinvolgerà la Gestapo nazista, la Cia americana e il Vaticano. In particolare, uno strillo informa i lettori che si troveranno davanti «i documenti riservati del Dipartimento di Stato e degli uffici che hanno raccolto l’eredità dell’OVRA e capirete quando e perché un anello di ametista può essere più efficace di una Browning per far tacere un testimone o per raccogliere un’informazione». Caso strano, quel numero di Mondo d’Oggi è anche l’ultimo. La rivista chiuderà e dell’inchiesta sulla Pro Deo non se ne saprà più nulla.
Padre Felix Morlion muore nel dicembre del 1987 a New York. Negli anni successivi il gesuita Robert Graham, uno tra i maggiori studiosi di storia dello spionaggio, dirà «padre Felix Morlion era della Cia, era un grosso punto di riferimento per l’intelligence americana». Stessa cosa sostenuta dal presidente del consiglio Giulio Andreotti.
Fa sorridere, in questo contesto, la dichiarazione del 1991 di Mark Mansfield, portavoce della Cia: «non è che confermiamo o smentiamo il fatto che Morlion sia stato o meno un nostro agente o le parole di Andreotti, semplicemente non commentiamo».
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