“Mamma, io ho paura di andare a scuola domani”. A tarda sera Anna era nel letto. Non piangeva e forse oggi al rientro a scuola non avrà temuto il virus come ieri, quando si svegliava durante la notte impaurita per il ritorno in classe. Ma per Alessia, la mamma, c'è qualcosa che non va: “Una bimba di 7 anni che ha timore di rivedere i propri compagni di scuola ti fa capire il danno che il Covid sta procurando ai bambini”.
Il primo giorno tra i banchi è concluso. La campanella ha chiuso quello che è a tutti gli effetti un giorno storico. Lo è per l’istituzione, che dopo mesi di chiusura torna ad ospitare le future generazioni. Lo è per gli studenti, che si trovano di fronte una scuola diversa. E anche per i genitori, finalmente “liberi” dal peso di occupare l’intera giornata dei propri figli. “Adesso inizia lo smart working vero - ride un papà -: silenzio totale, frigorifero pieno e i Simpson in tv. Dopo tutto questo tempo passato a casa dovrebbero tenerli almeno fino alle 19.30”. Di sicuro non sarà un anno semplice. E i ritardi del governo lasciano molti dubbi sulla possibilità che questo fragile equilibrio possa reggere. “Festeggiate oggi che secondo me presto richiudono tutto”, sussurra con fare sconsolato un altro papà di fronte ad un complesso di Cernusco sul Naviglio.
Il grosso dei problemi riguarda le regole e le strutture. Lo sappiamo. I banchi singoli mancano all’appello, nonostante le promesse del duo Arcuri-Azzolina. Le mascherine latitano. Le cattedre non sono tutte occupate. Per la Cisl un istituto su quattro ha ancora problemi (oggi sono tornati in aula 5,6 milioni su 8,3). E le norme anti-contagio sono talmente rigide, e spesso complesse, che seguirle tutte appare un’impresa. Soprattutto per materne, elementari e medie.Basta fare due chiacchiere con alcune mamme per capire l’entità degli ostacoli. I nomi sono di fantasia, per proteggerne l'identità, ma le storie verissime. “Alla materna di mio figlio hanno eliminato ogni sorta di materiale che non sia di plastica o comunque facilmente sanificabile”, racconta Elena che vive in provincia di Firenze. “Niente più giochi simbolici, perché non possono esserci stoffa, bambole o peluches. Ma neppure la lettura perché sono vietati i libri. E ovviamente niente puzzle o materiali di riciclo per creare in libertà”. Il Cts ha fissato regole generali per tutta Italia, ma poi ogni regione e singola scuola le ha interpretate più o meno rigidamente. “Per mio figlio a parte il fatto che mangeranno all’interno delle classi non sono cambiate molte regole - racconta Alessia, da Perugia - Certo i bambini non dovrebbero troppo entrare in contatto tra loro, ma anche le maestre sanno che non durerà”.
Ancora più complesso il tema elementari. In una scuola a San Mariano di Corciano, per dire, “i bambini non potranno bere molto perché le uscite in bagno sono regolamentate”. L’allegato parla chiaro: dall 9.40 alle 9.50 vanno cinque classi divise in cinque diversi servizi igienici. Secondo turno dalle 10.05 alle 10.15 con altre cinque classi. E via dicendo. In fondo è così che prevedono le regole comunali. Per evitare spiacevoli sorprese, allora, meglio bere poco. “Non possono riempire l'acqua perché le maestre non possono toccare i bambini né tutto ciò che gli appartiene. È assurdo, non hanno mica la lebbra. Inoltre l'acqua deve essere massimo mezzo litro, perché tanto poi non potranno farli bere visto che non possono mandarli in bagno a qualsiasi ora. Voglio vedere cosa succede se i bambini se la fanno nei pantaloni…”. A Incisa Val D’Arno alcune mamme si sono preoccupate per lo stesso motivo. “Ci avevano detto che qualora fosse finita l’acqua nella borraccia non avrebbero potuto riempirla in alcun modo”, racconta Elena. A precisa domanda dei genitori la dirigente ha assicurato che i bimbi non patiranno la sete e che faranno in modo di comprare una scorta di bottiglie o troveranno un modo per riempire le borracce senza toccarle. Si vedrà.
Poi ci sono tutte le norme di contorno. Il regolamento dell’Ufficio scolastico di Corciano è ferreo. Sono banditi gli zaini grandi altrimenti non entrano sotto il banco. Niente sport di squadra, classi aperte, soggiorni studio né progetti contro il bullismo e il cyberbullismo. E saranno tempi duri soprattutto per gli smemorati: se dimenticano la penna a casa nessuno potrà prestargli nulla. “Se lasciano qualcosa in classe - conclude Alessia - verrà tutto buttato. Questi bimbi vivranno con l’ansia di tutto”.Ansia che a dire il vero colpisce soprattutto i dirigenti scolastici. Le regole sono ferree perché nessuno vuole beccarsi una denuncia per epidemia colposa. I presidi italiani avevano chiesto al governo una sorta di scudo penale per evitare migliaia di processi, ma da Palazzo Chigi per ora fanno orecchie da mercante. In teoria solo con la febbre a 37,5 e i sintomi classici del Covid dovrebbero essere rimandati a casa. Ma "alcuni dirigenti - insiste Alessia - dicono che li manderanno indietro anche con un raffreddore”. Se così fosse, in autunno sarà una strage.
I pediatri infatti iniziano già a fare i conti con le problematiche. Un episodio eloquente si è svolto a Milano e i punti salienti li ha raccontati una dottoressa a chi è andato in vista in ambulatorio. In una scuola al mattino era stata misurata la febbre a tutti i bimbi e nessuno presentava alcun problema. Poi però sono iniziate le corse, un alunno si è scaldato un po’ troppo e il termometro ha segnato 37,5. Il piccolo è stato subito rimandato a casa, ma stava bene. Quindi i genitori sono andati dal pediatra per un certificato con cui poter tornare in classe.
La dottoressa ha firmato, ma la scuola non si è accontenta perché esige un certificato di non contagio da coronavirus. Peccato che senza test neppure il pediatra possa fare nulla. Quindi il bimbo è stato messo in coda per un tampone e intanto dovrà rimanere a casa. “Quest’anno - dice Alessia - sarà un inferno”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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