Ondate di caldo anomalo che hanno raggiunto picchi impensabili fino a pochi giorni fa, come nel caso del Regno Unito dove si è registrata la temperature più alta di sempre con i 40,2°C all'aeroporto Heatrow di Londra. Ma questa non è che la punta dell'iceberg di qualcosa che accade ormai da anni sotto i nostri occhi e di cui abbiamo avuto contezza con la tragedia della Marmolada, il cui ghiacciaio non ha retto provocando una strade di escursionisti. Per saperne di più e fare il punto della situazione abbiamo intervistato il prof. Valter Maggi, Ordinario di Geografia Fisica all'Università Bicocca di Milano e Presidente del Comitato Glaciologico Italiano.
Quanto è preoccupante l'attuale ondata di calore che, come abbiamo visto sul Giornale.it, ha fatto schizzare lo zero termico a 4.800 metri?
"Quello che sta succedendo è una situazione eccezionale ma nel solco di quanto accade da ormai 40-50 anni, il riscaldamento che sta interessando l'arco alpino, una delle aree più impattate dall'aumento delle temperature, ben superiori a quelle che riguardano l'aumento globale. È ovvio che se si aggiunge il meccanismo meteo-climatico che ha portato le temperature a raggiungere livelli altissimi e spostare lo zero termico oltre i 4.500 metri, è chiaro che sia fortemente impattante specialmente per i ghiacciai, ormai in ritiro, che stanno subendo un ulteriore colpo alla loro massa.
Perché sono proprio le Alpi a subìre i maggiori effetti del cambiamento climatico?
"Le Alpi si trovano in una zona climatica, l'area Mediterranea, che in generale sta subendo un aumento di temperatura maggiore del valore medio planetario. Le zone di alta montagna sono delle aree dove l'impatto è più significativo per la loro posizione e lo stesso avviene nelle aree artiche con aumenti di temperature maggiori che altrove. Le Alpi stanno sul bordo dell'area mediterranea e i valori sono aumenti del doppio, forse di più".
Qual è lo stato di salute dei ghiacciai?
"I ghiacciai alpini si stanno ritirando da decenni. Ultimamente il ritiro è diventato ancora più importante, poco alla volta stanno diminuendo sia in superficie che in volume. Questa situazione interessa un po' tutti i ghiacciai del mondo: noi del comitato glaciologico esistiamo dal 1895 e abbiamo sempre registrato, in genere, delle riduzioni salvo alcuni casi. È una sequenza negativa".
Qual è lo stato del ritiro?
"I ghiacciai si stanno ritirando dall'ultima volta che sono avanzati in modo significativo in quella che noi chiamiamo la piccola età glaciale, il cui acme è avvenuto tra la metà e la fine dell'Ottocento. Alcuni di essi si sono ritirati di oltre il 90% in termini di superficie, altri sono stati un po' più 'fortunati' con un ritiro del 40-50%. Consideriamo che il nostro arco alpino è abbastanza asimmetrico, le montagne più elevate si trovano nella parte occidentale, Monte Bianco e Monte Rosa per fare due esempi. Man mano che ci spostiamo verso est sono mediamente più basse ed è ovvio che con l'innalzamento delle temperature, i ghiacciai occupano le porzioni più elevate delle montagne".
Quali sono le ragioni di questo ritiro?
"La ragione è il riscaldamento climatico-globale che stiamo subendo, nella fase più parossistica, dagli ultimi 50 anni. Il grosso dell'aumento delle temperature è avvenuta dalla fine degli anni Settanta e inizio degli anni Ottanta. Da allora abbiamo un trend in continuo aumento e questo fa sì che se il valore medio di aumento termico, planetario, è di un grado, ci sono delle aree dove evidentemente è più elevato come accade sulle Alpi".
Cosa ci insegna la tragedia della Marmolada?
"È stata una tragedia avvenuta in una situazione imponderabile. È successo in piena stagione estiva, una domenica pomeriggio con il crollo di un pezzo di ghiaccio che sottendeva un sentiero importante che porta in vetta. C'è stata una somma di effetti particolarmente sfortunata che ha portato a questa tragedia. È chiaro che i ghiacciai, man mano che si alzano in quota raggiungono aree in cui c'è una pendenza maggiore, le alte temperature forniscono una grandissima quantità d'acqua. Nel momento in cui la situazione non è più stabile perché il ghiacciaio subisce delle pressioni interne piuttosto elevate, si staccano dei blocchi. Di solito non è una novità, avviene anche altrove ma nel 99% delle volte in posti dove non c'è nessuno.
Ci sono interventi che possono frenare questo ritiro?
"Sì, invertire il trend dell'aumento delle temperature limitando le emissioni, riducendole al massimo facendo in modo che questo trend cambi in modo importante. È l'unico modo per poter agire in modo significativo sui nostri ghiacciai. Si tratta di ecosistemi integrati nel sistema naturale: se aumenta la temperatura, tutto l'ecosistema ghiacciaio si adatta ed è quello che sta succedendo. Interventi diretti non sono possibili: ci sono 903 ghiacciai sulle Alpi, il 90% dei quali in posizione anche abbastanza scomoda da raggiungere".
Quali possono essere le conseguenze di questa situazione?
"I ghiacciai si riducono e tutto ciò che è legato, dall'acqua al turismo, poco alla volta avranno sempre più difficoltà. Estistono bellissimi rifugi con la vista sui ghiacciai ma non si vedono più, per fare un esempio banale. Anche dal punto di vista turistico sarà un problema, bisognerà adattarsi a queste condizioni".
Dobbiamo prepararci ad adattarci?
"Certo che dobbiamo adattarci: sui cambiamenti climatici è tutto un problema di adattamento. La mitigazione potrà avvenire solo in alcuni casi. Ricordiamoci che nell'area delle Alpi vivono circa 40 milioni di abitanti, non stiamo parlando di un posto sperduto in mezzo alle montagne dell'Alaska. Non c'è da stupirsi se il problema può diventare ancora più importante ma non è una novità di questi giorni, se ne parla da decenni".
L'adattamento in cosa consisterebbe?
"Sarà avere la capacità di capire che la montagna cambia, cambia molto velocemente. Pensare di vedere una montagna come 30-40 anni fa non è più possibile, è sempre bella ma in maniera diversa. I ghiacciai sono estremamente veloci nel cambiamento e tutto ciò che cambia velocemente necessita di un adattamento molto veloce. Alcune situazioni vanno ripensate, l'esempio più classico è lo sci d'alta montagna. Aree sciistiche importanti cominciano a non avere più la neve".
In conclusione, la velocità del riscaldamento globale è causato dall'uomo o è un processo naturale?
"Per mestiere devo leggere la letteratura scientifica: è da 40 anni che tutti gli articoli scientifici vanno nella stessa direzione, che c'è un forte impatto dell'uomo sull'atmosfera e come risultato c'è un cambiamento climatico. Non lo dico io, la mia materia è il Paleoclima, ossia la storia prima dell'uomo, conosco la storia naturale, prima che l'uomo impattasse il sistema climatico. Non credo di aver mai letto articoli contrari, poi è chiaro che nel mondo di internet ognuno può scrivere quello che vuole. Se l'intera letteratura scientifica va nella stessa direzione, il sospetto che ci sia qualcosa di reale c'è.
Io dico sempre ai miei studenti che mi pagano lo stipendio a prescindere dal fatto che il cambiamento climatico sia dovuto all'uomo o meno, a me non cambia nulla. Quelle che devo passare sono le informazioni scientifiche che vengono dalla comunità scientifica".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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