I partiti vanno, la tradizione resta

Il giorno di Natale il partito +Europa, forse per riempire il vuoto programmatico e politico delle proprie proposte, ha pubblicato sui social una cartolina di Auguri con una personalissima reinterpretazione del presepe

I partiti vanno, la tradizione resta
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Il giorno di Natale il partito +Europa, forse per riempire il vuoto programmatico e politico delle proprie proposte, ha pubblicato sui social una cartolina di Auguri con una personalissima reinterpretazione del presepe. Con raro senso dell'originalità, che è un altro modo di chiamare la provocazione, con un solo post ha sostituito la famiglia universale - Padre, Madre, Figlio - con una serie di famiglie queer molto particolari: una natività con due Madonne, una con due Giuseppi, una con una Maria single e due bimbi (gemelli, dal punto di vista psicanalitico molto interessante) e una con un Gesù bambino di colore. «Wow!». Per non dire «Woke!».

Non sappiamo se con un biglietto natalizio del genere il partito di Emma Bonino adesso passerà dall'1% all'1,5, oppure - cosa più probabile a leggere i commenti - allo 0,5%. Ma sappiamo che moltissimi fra i destinatari, gli italiani, lo hanno rispedito al mittente. È già stato premiato come «Peggior tweet del 2023».

E così, mentre il Pd nei suoi auguri social abolisce la parola «Natale», +Europa ci regala un curioso presepe alternativo (un modo elegante per camuffare una strisciante forma di blasfemia) che sperimenta in chiave Lgbtq+ tutte le varianti possibili dell'amore familiare e della propaganda politica. Slogan del presepe multi-gender: «Il bello delle tradizioni è che possono cambiare».

Ora. Non staremo a fare della teologia spicciola (la Natività di per sé non è una Tradizione, ma l'essenza del cristianesimo, e il presepe, semmai, è il simbolo di un sentimento religioso che accomuna un miliardo e trecento milioni di cattolici nel mondo). Né vogliamo dare lezioni di filologia. È inutile ricordare che «tradizione», dal latino «traditio, traditiònis», deriva dal verbo «tràdere» che ben prima di qualsiasi tradimento significa «consegnare», «tramandare», «trasmettere», con riferimento a un'eredità culturale che non può cambiare. La tradizione è tale solo se resta uguale a se stessa nel tempo. Altrimenti si parlerebbe di mode, o di psicosi: come quella di chi vuole politicizzare anche la nascita di Cristo. Soltanto vorremmo fare presente che la tradizione indica alcuni particolari aspetti della cultura che non si esauriscono nel corso di una generazione e che per cambiarli, come si augura +Europa, occorre proprio ciò che il partito non possiede: una larghissima base popolare, una forte autorevolezza della comunità che spinge verso il cambiamento e una altrettanto forte controproposta culturale o religiosa. Che non può essere il nichilismo in salsa woke dei Re Magi di +Europa: Federico Pizzarotti, Riccardo Magi, appunto, e Emma Bonino.

A proposito. Marco Pannella, fulgido esempio di uno spirito profondamente laico e ateo ma rispettoso dei sentimenti popolari e dei differenti credo religiosi, di fronte al presepe gender allestito dai suoi figliocci si starà rivoltando nella mangiatoia. E comunque, nel 2006, quando i Radicali si chiamavano Rosa nel Pugno, ci fu già chi mise due Barbie nel Presepe di Montecitorio per chiedere i Pacs...

In ogni caso. Senza rivendicare come provocazione uguale e contraria un Mawlid islamico con due Profeti gay e una Fatima in bikini che beve vino rosso e cucina costine di maiale, noi sinceramente saremmo per evitare la guerra fra culture. Che va abbandonata, non aizzata. È controproducente usare provocazioni che esasperano l'intolleranza verso quelle stesse persone o etnie o comunità che si vorrebbero invece tutelare.

Per il resto, a proposito di tradizioni che non mutano e di conformismi che passano, sarà anche vero che tra un paio di settimane i vari presepi tradizionali

saranno di nuovo inscatolati e messi in soffitta. Ma l'anno prossimo torneranno in tutte le case. Sempre uguali, come nuovi. Mentre, invece, +Europa ripiomberà nella propria, di tradizione. Un'abituale insignificanza politica.

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