Il petrolio da vendere scarseggia, così come i reperti archeologici per il mercato nero dell'arte. Il denaro diminuisce, Isis è in crisi. La sempre maggiore difficoltà nel reperire fondi rende i jihadisti in Libia tanto creativi, o disperati, da trasformarsi in venditori ambulanti di pollame e uova per le strade di Sirte. "I miei parenti mi raccontano di vedere gente dell'Is per le strade," riferisce un testimone all'emittente Middle East Eye, "con le divise nere e il volto coperto commerciano tutto a prezzi bassissimi, appena uno o due dinari a pollo".
I tentativi per racimolare denaro sono molteplici: la confisca di beni e fattorie si affianca all'imposizione di tasse improvvisate ai commercianti e canoni di affitto ai residenti di alcune abitazioni lussuose sulla costa, un tempo appartenenti al clan del colonnello Muammar Gheddafi. "Tutti provano a scappare," afferma la 43enne Iman, fuggita la scorsa settimana con i suoi due figli dalla disastrosa carenza di cibo, acqua e medicinali, "ma i jihadisti sottraggono tutto quello che possono a chi tenta la fuga. Ci hanno tolto il viveri e i fornelli per cucinare. Poi ci hanno fatti partire solo con gli abiti che avevamo addosso".
A 150 chilometri a est di Sirte, nella città di Ben Jawad, i militanti Is "hanno rimesso in circolazione le banconote dell'era di Gheddafi, ritirate nel 2013," racconta Mohamed, residente fuggito a Tripoli, " e costringono i negozianti ad accettarle".
Ma, secondo un testimone, con un numero che raggiunge i 150 da gennaio a oggi, i rapimenti sembrano essere il nuovo finanziamento del califfato: valore del riscatto 2.500 dinari, poco più di 1.800 dollari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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