C'è un cavillo giuridico che potrebbe inceppare la macchina delle riforme della Chiesa avviata da Papa Bergoglio e alimentata dai lavori del Sinodo per la Famiglia appena conclusosi a Roma.
Mentre l'opinione pubblica era concentrata sul dibattito relativo alla Comunione ai divorziati risposati e alla condotta da tenere nei confronti degli omosessuali, pochi hanno riservato attenzione alle novità introdotte in merito alle cause di nullità del matrimonio.
Che, essenzialmente, sono state riformate snellendo e accorciando i processi, rendendo gratuite "per quanto possibile" le udienze e affidando potere decisionale ai vescovi, che si costituiranno così come giudici. La riforma del diritto canonico è stata inserita all'interno del Motu proprio "Mitis Iudex Dominus Iesus", promulgato l'8 settembre scorso e in vigore dal prossimo 8 dicembre, data di apertura del Giubileo della Misericordia.
C'è però un dettaglio che di fatto invalida le riforme di Bergoglio per il territorio ecclesiastico dell'Italia, scovato da Carmelo Palma per Strade online. Secondo un parere emesso il 13 ottobre dal Pontificio consiglio per i Testi legislativi (quasi una Corte costituzionale vaticana, ndr), la responsabilità e la centralità del vescovo nel processo di nullità del matrimonio non sarebbero applicabili in Italia.
Questo per due motivi connessi tra loro. Anzitutto il Motu proprio "Qua Cura" di Papa Pio XI, secondo cui per l'Italia a decidere la nullità dei matrimoni sarebbero chiamati speciali tribunali regionali interdiocesani a causa della "peculiare strutturazione diocesana" dello Stivale. Una vera e propria norma ad hoc per l'Italia, in vigore sin dal 1938.
Il secondo motivo che potrebbe bloccare le riforme bergogliane per il nostro paese è il principio del diritto canonico secondo cui "una norma universale (il Mitis Iudex Dominus Iesus) non deroga alla legislazione particolare o speciale (in questo caso il Qua Cura)", a meno di una deroga che però in questo caso non c'è. E queste non sono conclusioni di Palma, ma portano la firma del cardinale Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi.
È Palma, invece, ad osservare giustamente come dietro all'operazione che ha riportato alla luce questa "eccezione italica" possa celarsi, verosimilmente, l'ostilità di parte della Chiesa italiana alle riforme volute dal Papa argentino.
E questo non solo per mere ragioni "politiche" di minore o maggior peso in seno al Vaticano, ma anche per un motivo pratico: recentemente, sempre più sentenze di tribunali italiani hanno stabilito che non sempre l'annullamento del matrimonio religioso annulla anche gli effetti civili delle nozze, con la conseguenza che la nuova riforma del Papa avrebbe potuto essere sfruttata non come alternativa al divorzio di fronte ai giudici civili, ma come metodo per farsi riammettere in seno alla Chiesa.Con inevitabili conseguenze a cascata anche su tutta la questione della Comunione ai divorziati risposati.
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