Aveva poco più di trent’anni la prima volta che li ha visti arrivare. Risalivano i sentieri naturali che portano alle spiagge di Capo Ponente, erano una manciata: spaesati, bagnati e infreddoliti. Pietro Riso, armatore lampedusano che di anni, oggi, ne ha sessantatré, era chino sulle reti da pesca, assorto nel rammendo di un buco. La tecnica è antica e si tramanda di padre in figlio, come un testimone. Quel giorno se lo ricorda bene. “Prima di allora neanche sapevo dove fosse l’Africa, la Libia era distante anni luce da qui: era un punto sulla carta nautica. Poi gli sbarchi sono diventati sempre più frequenti, sino ad arrivare ad oggi, a questo enorme traffico di esseri umani che è micidiale”, ci dice.
Pietro è il rappresentante di una dinastia che rischia l’estinzione. “Vorremmo continuare ad imbandire la tavola degli italiani con il nostro pescato, ma la vedo dura. Se continua così a dicembre di quest’anno la pesca sarà estinta”, racconta. Possiede due imbarcazioni a strascico, Sara e Vita Antonina, e dà lavoro a dieci persone. Andare avanti è diventato sempre più difficile. Il male che lo tormenta si chiama caro gasolio. “La nafta è arrivata a 1.50 euro al litro, noi di litri ne consumiamo 800 in ventiquattr’ore, questo significa che spendiamo 1.200 euro al giorno solo di carburante”. L’intera marineria lampedusana è in sofferenza. “Le barche a strascico sono circa quaranta, il 75 per cento è fermo in porto, o esce solo per tenere la barca attiva. Lavoriamo in dieci”.
Lavorano per ostinazione e per non abbandonarsi allo sconforto. Per pagare gli equipaggi usano i risparmi. E così si è venuta a creare una situazione paradossale:“Il mare si è spopolato dei nostri pescherecci, si vedono solo barche, barchini, barconi carichi di migranti. Siamo messi così, e la questione si aggrava di anno in anno. Li vediamo ammassati lungo il molo, ammassati sui pullman, ammassati negli hotspot”, commenta amareggiato. Troppo facile prendersela con lo straniero, il naufrago, il disperato. La colpa è di chi questi fenomeni dovrebbe governarli, ragiona l’armatore. “Mi ricordo che nel periodo in cui c’era Matteo Salvini non ne veniva più uno e noi popolazione stavamo meglio. È logico che questa situazione non ci fa piacere, non sai mai cosa può succedere”.
Gli è capitato in più di un’occasione di imbattersi in carrette del mare in avaria. È il rischio di chi molla gli ormeggi di questi tempi. Non si è mai voltato dall’altra parte.“Se sono senza governo di bordo allora gli dai la cima o un gancio da rimorchio e li traini, se invece la situazione non è critica allerti la capitaneria di porto e attendi istruzioni”. Non c’è sempre il lieto fine. Il nostro armatore rievoca il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013: 368 morti e 47 superstiti che si salvarono grazie all’intervento dei pescatori.
“Per tutto il giorno abbiamo continuato a cercare i dispersi, si sono mobilitati tutti i pescherecci dell’isola, nessuno escluso. È stato terribile. Ogni anno portiamo una ghirlanda ai piedi del memoriale, e ogni anno la preghiera è sempre la stessa. Speriamo venga presto esaudita”.
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