Su Angela Merkel si possono dire mille cose: buone, meno buone o decisamente cattive. Eppure, anche se in alcuni momenti della storia dell'ultimo ventennio è stata per l'Italia, e non solo, una sorta di bestia nera come guardiana del rigore, alla fine ha rappresentato un'epoca al di là del ruolo della Germania. Il fenomeno Draghi, un premier italiano lodato a livello internazionale, segue le stesse dinamiche. L'ex-presidente della Bce è l'uomo giusto al momento giusto, quello che assurge naturalmente al ruolo di guida per il semplice motivo che interpreta meglio di altri lo spirito del tempo.
Se la Merkel è stata la personalità che ha guidato la Germania attraverso due drammatiche congiunture economiche, anche sbagliando scelte, preoccupandosi più dei conti che dello sviluppo, riuscendo a conquistare la fiducia a livello internazionale solo perché ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità di indicare una rotta ad un continente disorientato, Draghi sta seguendo le sue orme nel compito improbo di tirare fuori l'Italia da una crisi paragonabile, in termini economici, ad una guerra.
Anche lui, al di là dei suoi meriti, vista la carenza di leader a livello globale, è diventato per molti una bussola: traccia una strada con sicurezza, senza complessi di inferiorità verso gli altri Paesi (ha chiesto per Roma anche la finale degli Europei), e già solo la capacità di esporsi infonde fiducia. È il tratto principale delle leadership. In un momento in cui il Covid ha spazzato via ideologie vecchie e nuove, luoghi comuni d'antan e populismi di ogni natura, Draghi si è affidato al buonsenso per disegnare il futuro. Ha interpretato quel desiderio di libertà e la voglia di risorgere di un Paese ferito. E ciò senza porsi il problema di essere più vicino alla sinistra o alla destra, a Letta o a Salvini. Se il baricentro dell'azione del governo piega più verso il centrodestra è solo perché non puoi aumentare le tasse quando invece devi dare; è perché, se vuoi risorgere, non puoi affidarti ai navigator o ad un'economia assistenziale; è perché, con tutte le prudenze del caso, anche nelle misure contro il virus devi avere il coraggio di voltar pagina; è perché, nelle condizioni post-Covid, l'Italia non può farsi carico da sola del problema immigrazione.
È, appunto, lo spirito del tempo che, dopo un anno e mezzo di lockdown, restrizioni, oppressioni più o meno giustificate, non può che essere liberale. È uno stato d'animo condiviso, che respiri a Roma come a Madrid, Parigi e Berlino. Così chi ha le doti per interpretarlo si trasforma automaticamente in un leader di caratura internazionale.
Al punto di diventare una risorsa, ma anche un ingombro, perché i partiti, loro malgrado, potrebbero scoprire di non poterne fare a meno neppure in futuro. Se poi come premier, come inquilino del Quirinale o, ancora, come presidente della Commissione Europea, sarà una cosa tutta da vedere.
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