All'ingresso dell'Istituto Massimo i gesuiti fecero imprimere la massima del loro fondatore romano: Cunctando restituit. Temporeggiare è utile. Certo i padri che per anni vi insegnarono, da padre Rozzi a padre Massa, quel detto così guerresco e laico in fondo non lo hanno mai digerito. Al principe Massimo hanno sempre preferito Ignazio di Loyola. Ma a leggere le ultime mosse di Mario Draghi, che per anni ha frequentato quelle aule, c'è da credere che quel consiglio abbia fatto presa. Basta mettere in linea le ultime mosse di politica economica del premier. Uno tosto e che conosce bene gli affari economici. Uno che è entrato nella Treccani per il suo Whatever it takes, intendendo che sulla difesa dell'euro non avrebbe temporeggiato.
Ebbene oggi sembra un principe del compromesso.
L'ultima occasione è stata la legge sulla concorrenza. Una pietanza insipida. È riuscito con una normetta a mettere in grande difficoltà le case farmaceutiche italiane di fatto rendendo economicamente inutili i loro brevetti; nel frattempo ha però difeso i balneari, ha dato un colpetto ai tassisti e ha risparmiato i notai. Si potrà detestare Bersani e le sue lenzuolate, ma quando furono approvate, segnarono una discontinuità.
Ha scritto una finanziaria, gran parte in deficit, dove ha salvato il reddito di cittadinanza iperfinanziandolo, ha trovato una mediazione su quota 100 e sul taglio delle tasse, ha messo poche risorse, e tutte da definire.
Sulla casa ha impostato una riforma dei valori catastali, prevedendo che siano quelli del mercato, ma che avranno valore fiscale non prima dei prossimi cinque anni. Insomma ha caricato il bazooka, ma si è impegnato a non sparare.
Infine sulla grande partita finanziaria del Monte dei Paschi non ha chiuso l'affare e con probabilità chiederà più tempo all'Europa.
Draghi si abbraccia con Landini e strizza l'occhio ad Orlando sugli ammortizzatori sociali, ma tiene dentro anche Salvini su tasse e mancate liberalizzazioni. Dal punto di vista politico, funziona. Non c'è che dire.
Ma è ciò che ci aspettiamo da Draghi? Nessuna grande riforma è stata portata a casa. Quella della giustizia è un brodino caldo, utile solo per cancellare gli effetti più assurdi di quella Bonafede. Ha fatto nomine, si veda Scannapieco alla Cdp e Giavazzi a Palazzo Chigi, che facevano pensare ad una piccola rivoluzione liberale.
Siamo finiti alla massima del principe Massimo.Qualcuno ritiene che ciò derivi dalla sua aspirazione a salire al Colle, più probabile che sia la difficoltà, in questo Paese e senza una maggioranza, di mettere a terra, come oggi si dice, le vere riforme che servono.
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