Quel Dna sul cordino attorno al corpo di Liliana Resinovich: cosa significa

Il Dna sul cordino, gli esami tossicologici, le suole delle scarpe: a che punto sono le indagini sulla morte di Liliana Resinovich

Quel Dna sul cordino attorno al corpo di Liliana Resinovich: cosa significa

Continua a restare un mistero la morte di Liliana Resinovich. Al momento gli inquirenti sono al lavoro e c’è molto da fare, ma i tempi si allungano per via di alcuni esami che richiedono svariate settimane per essere pronti.

La troupe “Chi l’ha visto?” ha fatto il punto su cosa si sa per ora dal punto di vista scientifico e ha ripercorso a piedi e in auto la zona del ritrovamento del corpo per capire quali possano essere gli scenari, dato che al momento si indaga sia per suicidio che per sequestro di persona ma non c’è nessun indagato.

Liliana Resinovich, detta Lilly, è scomparsa il 14 dicembre 2021 e il suo corpo è stato ritrovato il 5 gennaio successivo nel parco dell’ex ospedale psichiatrico, a poca distanza da casa. La mattina della scomparsa è stata avvistata e anche ripresa da alcune telecamere di videosorveglianza, poi il nulla.

Il suo corpo è stato ritrovato rannicchiato e coperto da due sacchi neri di plastica. Sulla sua testa altre due bustine di plastica, trasparenti, tenute ferme da un cordino che però non era stretto attorno al collo della donna. Sul cordino è stato ritrovato molto Dna appartenente a Lilly, oltre che tracce di Dna maschile.

Per quando riguarda il Dna della donna, è probabile sia dovuto al fatto che quando gli inquirenti l’hanno sciolto, esso potrebbe essersi inzuppato con i liquidi biologici rilasciati dalla salma. Il Dna maschile è invece di difficile ricostruzione: dei 25 alleli sul cromosoma Y, solo un terzo è identificabile. Questo significa che si può procedere solo per esclusione alla sua appartenenza: è stato chiesto ad alcuni uomini di sottoporsi all’esame del Dna, tra cui il marito Sebastiano Visintin e il presunto amante Claudio Sterpin, che hanno aderito volontariamente. Va ricordato però che il Dna maschile sul cordino non costituisce prova scientifica, perché si tratta solo di una traccia debole o contaminata.

Il Dna di Lilly è presente sui sacchi neri e sulla bottiglietta ritrovata nei pressi del luogo di rinvenimento del corpo. Non si sa però ancora che liquido contenesse né sono pronti gli esami tossicologici che potrebbero stabilire se la donna sia stata avvelenata o drogata.

Il parco dell’ex ospedale psichiatrico è un luogo sempre aperto e di giorno c’è un gran via vai di persone, anche in forza di una sede universitaria e di una postazione per i tamponi Covid. Se Liliana si è recata lì da sola, di giorno, qualcuno avrebbe potuto vederla. Se invece è stata rapita, ipotesi su cui si sta indagando, potrebbe essere stata portata lì di notte, quando non c’è nessuno. E, stando a questa ipotesi, quando tempo è stata tenuta nascosta - presumibilmente già morta, dato che era stato già stabilito in sede autoptica che la donna sia spirata in data molto vicina alla scomparsa - posto che il suo corpo avrebbe potuto essere preda dei cinghiali che affollano queste zone?

Una risposta chiara e univoca potrebbe giungere dagli esami botanici sotto le suole delle scarpe

di Lilly. Se lei è giunta sola al parco, le scarpe saranno impregnate del terriccio del luogo. In altre parole quelle calzature potranno rivelare se Liliana si sia suicidata o se sia stata sequestrata e uccisa da qualcuno.

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