L'Ilva chiede la cassaintegrazione per 2mila dipendenti

Il provvedimento partirebbe dal prossimo 19 novembre. La richiesta dell’Ilva sarebbe da correlare alla crisi del mercato dell’acciaio

L'Ilva chiede la cassaintegrazione per 2mila dipendenti

L’Ilva di Taranto intende procedere alla messa in cassa integrazione ordinaria di duemila dipendenti dell’area a freddo dello stabilimento a partire dal 19 novembre prossimo. L’azienda lo ha comunicato ai sindacati Fim, Fiom e Uilm. La decisione dell'azienda interesserebbe il tubificio longitudinale 1 e 2, il treno lamiere, il treno nastri 1, le officine, i servizi e il laminatoio a freddo. La richiesta dell’Ilva sarebbe da correlare alla crisi del mercato dell’acciaio.

Non è chiaro se questo stop sia anche collegabile all’eventuale fermata anticipata dell’altoforno 5, chiesta dai custodi giudiziari nell’arco di uno-due mesi, mentre l’autorizzazione integrata ambientale prevede invece che il più grande altoforno del siderurgico si fermi a luglio 2014.

"All’Ilva abbiamo detto che non siamo disponibili a discutere della procedura di cassa integrazione se prima non si chiarisce il futuro dello stabilimento
di Taranto e l’azienda non dice una parola chiara sull’Autorizzazione integrata ambientale"
, ha dichiarato Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto, dopo l’incontro avuto con l’azienda

insieme ai rappresentanti di Fiom Cgil e Uilm, incontro nel quale l’Ilva ha prospettato il ricorso alla cassa integrazione per 13 settimane per 2mila addetti dell’area a freddo, ovvero dove si producono nastri, lamiere e tubi.

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