È stata eseguita all'alba di martedì 3 dicembre dalla Polizia di Stato la maxi operazione contro la mafia nigeriana in Puglia, con arresti anche in Germania, Francia, Olanda e Malta. In manette 32 soggetti accusati a vario titolo di tratta di essere umani, riduzione in schiavitù, risse, estorsioni, rapine, violenze sessuali, lesioni personali e sfruttamento della prostituzione. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari su richiesta della locale Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia. Nell'ambito delle indagini è emerso che i gruppi attivi del Cara del capoluogo pugliese avevano rivolto la loro attenzione anche su Foggia. Qui, infatti, venivano inviati alcuni emissari con l'intento di curare gli affari illeciti (in particolare prostituzione e droga) ritenuti poco redditizi. L'attività investigativa ha preso l'avvio dalle denunce sporte, sul finire del 2016, da due cittadini nigeriani ospiti del Centro Richiedenti Asilo di Bari. Gli stessi avevano dichiarato di essere stati vittima di pestaggi e rapine al fine di un loro arruolamento tra le file di un gruppo malavitoso in espansione all'interno del Centro. Si è poi scoperto che si trattava dei cosiddetti "Vikings".
Dagli approfondimenti si è potuto accertare che molte delle violenze commesse dagli ospiti nigeriani del Cara erano l'espressione del conflitto tra le due principali gang ivi presenti: la già citata "Vikings" (più numerosa e pericolosa) e quella degli "Eyie". Entrambe reclutavano nuovi adepti attraverso riti cruenti di iniziazione consistenti in prove di coraggio. Rappresaglie e punizioni fisiche (il Drill da cui prende il nome l'operazione dei militari) erano la becera espressione di quella che a tutti gli effetti può essere considerata mafia nigeriana. Se i mezzi adoperati presentavano una struttura rudimentale, diverso è il caso dell'ideologia, quest'ultima molto solida e radicata. I responsabili, ad esempio, non cercavano in alcun modo sodalizi con le mafie locali e punivano severamente coloro che non accettavano di aderire alle confraternite o che non ne rispettavano le regole. Le vittime hanno raccontato di frustrate, pugni, calci e bastonate sferrate con spranghe, mazze e cocci di bottiglia.
Le donne nigeriane in particolare, considerate inferiori e utili solo a soddisfare le esigenze sessuali della comunità maschile, venivano vessate psicologicamente. Il loro ruolo principale era quello di produrre denaro attraverso lo sfruttamento della prostituzione. A tal proposito emblematica è la figura delle "blu queen", donne trattate come merce esclusiva del gruppo degli "Eyie". I servizi di intercettazione telefonica hanno accertato che uno dei principali interessi della mafia nigeriana era quello di far entrare clandestinamente le connazionali nel Centro di accoglienza per avviarle alla prostituzione consumata, in un secondo momento, anche al di fuori della struttura, per le strade o nelle abitazioni cittadine. In sintesi i militari hanno potuto appurare la presenza di uno "Stato dentro lo Stato" fatto di regole proprie e incuranza nei confronti delle leggi e delle basilari norme di convivenza civile. Caratteristico, altresì, il linguaggio degli associati, spesso indicativo di un marcato senso di appartenenza militante.
I toni drammatici descrivevano con dovizia di particolari il rituale di iniziazione e le punizioni inflitte a tutti coloro che non superavano le prove di coraggio o che tentavano, invano, di ribellarsi ai soprusi.
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