In Italia nelle ultime ora siamo stati invasi da dati Istat, sul lavoro, la natalità, la salute e molti altri aspetti legati all’emergenza vissuta. Ebbene, c’è un dato che merita attenzione: quello relativo alle morti causate dalle epidemie. Dall’ultima guerra mondiale, l’Istat ricorda che l’Italia ha vissuto diversi momenti in cui la mortalità è stata particolarmente alta. Condizione dovuta alla presenza di virus e batteri. Se torniamo un attimo indietro, al 1956, ci accorgiamo che l’Asiatica aveva fatto ben 50mila morti in più.
Oltre 20mila morti nel 2015
Se invece guardiamo a cinque lustri fa, nel 2015 vi furono oltre 20mila decessi in circa tre mesi. Certo non pochi. Però in pochi se lo ricordano. Come ricordato da Il Giorno, l’asiatica fu causa del virus A/Singapore/1/57 H2N2, che venne isolato la prima volta in Cina nel 1954. Due milioni le vittime a livello globale. Solo un vaccino trovato in pochissimo tempo riuscì a fermare la strage. Sembra che i virus influenzali compaiano a distanza di cinque anni. Quello del 2015 si dimostrò particolarmente aggressivo, tanto da fare 22mila morti in più rispetto all’anno precedente, solo nel primo trimestre. Ma quasi nessuno se lo ricorda. Forse i problemi erano altri e la cosa era passata in secondo piano. Anche quell’anno i decessi interessarono soprattutto la popolazione anziana.
Poca profilassi anche tra gli anziani
Il geriatra Graziano Onder proprio in seguito a quella strage di anziani affermò che “nell'adulto anziano la vaccinazione antinfluenzale è sicura, fortemente raccomandata purtroppo la sensibilità rimane bassa, con una percentuale di copertura ridotta. Anche altre patologie invalidanti come herpes zoster (più conosciuto come fuoco di Sant' Antonio) e polmonite da pneumococco sono prevenibili tramite immunizzazione con vaccini testati, validi e sicuri”. Insomma, ciò che abbiamo vissuto quest’anno non è tanto dissimile da quello che avevamo già vissuto cinque anni fa. Solo che allora l’Italia rimase aperta. Nell’indifferenza totale.
L’influenza non è mai da prendere sotto gamba. Dopo un episodio virale abbiamo ben 6 volte in più di possibilità di essere ricoverati per un infarto acuto del miocardio. Ma passata la paura ce ne scordiamo puntualmente. Massimo Andreoni, docente all'Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana malattie infettive (Simit), ha scritto in un saggio pubblicato di recente che vaccinarsi è vantaggioso anche nella lotta all'antimicrobico resistenza.
I vaccini ci sono, basterebbe usarli
Secondo i dati emersi, nel caso in cui tutto il mondo si vaccinasse, si andrebbe incontro a un bassissimo utilizzo di antibiotici che adesso vengono usati per combattere le epidemie influenzali. Il modo per difendersi esiste, siamo noi che non ricorriamo ad esso. Le morti di bambini per morbillo, meningite da Haemophilus Influenzae di tipo B, o pertosse, potrebbero essere evitate. Le vaccinazioni ci sono e basterebbe farne ricorso. Il nostro Paese poi non è tra i migliori in fatto di corsa alle vaccinazioni. Ogni anno in autunno ogni regione lavora autonomamente alla campagna di prevenzione.
Onder, attuale direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell'Istituto Superiore di Sanità, ha ricordato, riferendosi alle morti del 2015 che “l'influenza provoca, in Italia, in media, ottomila decessi l'anno attribuibili più o meno direttamente a questa affezione.
Si stima inoltre che la polmonite da pneumococco, per la quale la vaccinazione esiste, ma è poco diffusa, sia in grado di provocare centinaia di migliaia di vittime ogni anno nel mondo. Decessi evitabili con un vaccino, a maggior ragione da consigliare dopo i 65 anni”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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