Non siamo più capaci di essere #umani

Saman, Seid, i migranti fotografati sulle coste libiche. Ormai nessuno sa più cosa sia il rispetto per i morti

Non siamo più capaci di essere #umani

Non siamo capaci. Non siamo capaci di stare in silenzio. Di rispettare il dolore delle famiglie. Di non piazzare bandierine (politiche) qua e là. Di non strillare all'indomani della morte di qualcuno. Non siamo più capaci di essere umani. E i tragici fatti di cronaca delle ultime settimane lo dimostrano chiaramente.

Da qualunque prospettiva la si guardi (sinistra, destra o centro), tutti stanno facendo lo stesso gioco: sposare un (drammatico) fatto di cronaca per issarci la propria bandierina. Qualche esempio?

Tragedia del Mottarone. Il 23 maggio scorso, la funivia che collega Stresa al Mottarone è precipitata. 14 persone sono morte, un bimbo di 5 anni si è salvato. Eitan ce l'ha fatta anche se nell'incidente ha perso tutto: famiglia, sogni e speranze. Per giorni si è parlato (e si parla ancora) della strage del Mottarone. Col patentino di benpensanti preso chissà dove, si è detto di tutto sui freni, sulla manutenzione, su chi doveva controllare chi e cosa, sui famigerati forchettoni, sui primi tre indagati, su chi lavora nello stabilimento, sulla "guerra" tra pm e gip. Non una parola che andasse oltre alle frasi di circostanza su quelle famiglie devastate. Non un giorno di silenzio (politico) in segno di rispetto. Garantisti e giustizialisti - a momenti - andavano alle mani: in tv, sui social, sui giornali. E le famiglie, intanto, piangevano i loro cari vedendoli strattonati per una causa o per l'altra.

Il 24 maggio scorso, il fondatore della ong Open Arms, Oscar Camps, pubblica su Twitter tre foto di bimbi morti sulle spiagge libiche. I cadaveri sono lì da tre lunghissimi giorni: perfettamente vestiti, sepolti dalla sabbia, pancia gonfia d'acqua, composti. Senza vita. Tre foto sbattute sui social (per andare a smuovere anche il cuore più insensibile) che si aggiungono alle migliaia caricate negli anni in ogni angolo di internet. La sinistra - ormai abituata a cavalcare qualsiasi battaglia per cercare di raccattare anche un solo misero voto - è subito ripartita con il leitmotiv dell'"accogliamoli tutti". La destra ha rimesso al centro della questione il controllo dell'immigrazione selvaggia in modo tale da evitare queste morti. Entrambe hanno parlato per giorni. I partiti si sono scannati, si sono sfidati a duello per cercare di trarne vantaggio politico. Qualcuno ci ha messo un po' di umanità in quelle parole?

Dai primi di maggio, ma con maggior frequenza negli ultimi giorni, leggiamo questo nome: Saman Abbas. La 18enne pachistana è scomparsa nel nulla. Voleva "diventare una ragazza italiana" e si era negata al matrimonio combinato che la attendeva nella sua terra di origine. Così, madre, padre, cugini e zio pare l'abbiano brutalmente tolta di mezzo. Forse l'hanno strangolata e buttata dentro una fossa da loro scavata. Nelle ultime ore sono spuntati video, audio, intercettazioni, messaggi, testimonianze raccapriccianti. Si parla di omicidio premeditato e occultamento di cadavere. A sinistra zitti. Le femministe hanno nascosto la testa sotto la sabbia (il femminicidio di una musulmana non fa notizia perché uccisa dalla sua stessa famiglia musulmana?). A destra si sono subito spesi per condannare - giustamente - quella cultura islamica radicalizzata che considera la donna una suola delle scarpe. Forse, anche qualcosa meno. Se la parte rossa del Paese ha fatto una figura barbina - del resto, in queste circostanze, si trova sempre in difficoltà: tutti i valori in cui crede vengono puntualmente messi a repentaglio da presunti criminali che avrebbero ammazzato una ragazzina solo perché desiderava essere libera - la destra ha cavalcato questa tragedia a mo' di campagna elettorale. Le loro motivazioni sono più che valide, ma dopo che il concetto è stato chiaramente ripetuto, un passo indietro vale più di 100 frasi buttate qua e là. Chiunque ha visto dove una cultura arretrata sia in grado di arrivare, perché fare il loro gioco? Ormai, certi soggetti, situazioni politiche e confessioni religiose si commentano da sole. Forse il fidanzatino di Saman e il fratello 16enne (ora in una casa protetta) vorrebbero più verità (e giustizia) per lei e meno battaglie poltiche giocate sul suo cadavere.

Infine, arriviamo a Seid Visin. Il 4 giugno l'ex calciatore si è tolto la vita. Non sono note le motivazioni che hanno portato il 20enne ad uccidersi. Ma il giorno dopo la sua dipartita, è spuntato un suo duro sfogo del 2019. Il giovane sentiva sulle sue spalle il problema del colore della pelle, del razzismo, della discriminazione. Manco a dirlo, i giornaloni si sono aggrappati a quella lettera come fosse il Sacro Graal (sono riusciti a scrivere titoli agghiaccianti, considerando che il padre aveva già smentito tutto), la sinistra - con il portabandiera Letta - ha rilanciato immediatamente lo ius soli (come fosse la soluzione a ogni male), il sempre pronto Roberto Saviano se l'è presa come al solito con Salvini e Meloni perché "un giorno farete i conti con la vostra coscienza", improvvisati politici (tra influencer e calciatori) si sono detti schifati dal clima d'odio che si respira in Italia. Bello tutto, ma c'è un però. Contestualmente all'uscita di quello sfogo, il padre di Seid smentiva categoricamente che il ragazzo si fosse ucciso per motivi legati al razzismo. Perché, quindi, per giorni è stata fatta una campagna d'odio (e disinformazione) che macchierà per sempre questa tragica morte? Perché non si è rispettato il dolore di un padre che chiedeva un po' di silenzio per il figlio? La destra si è limitata a pregare per il povero Seid, lasciando ad altri la falsa polemica.

Abbiamo preso solo qualche caso, gli ultimi in ordine di tempo. Ma ce ne sarebbero tantissimi. Ogni situazione drammatica è buona per costruirci ad hoc una battaglia politica.

Sia chiaro: raccontare i fatti, smascherare una cultura subdola, indagare su chi avrebbe dovuto controllare un determinato lavoro (senza entrare nel maniacale e nel complottismo) etc è un dovere. Ma incistarsi su una tragedia per un proprio tornaconto politico è alquanto increscioso. Davanti alla morte c'è solo un atteggiamento che tutti dovrebbero assumere: il rispetto.

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