Operazione Artemisia, ecco come si gestisce il potere in Sicilia

L'inchiesta condotta a Trapani svela uno dei tratti salienti della gestione del potere in Sicilia: gruppi e sottogruppi ramificati in vari ambiti che riescono ad influenzare spesso le attività amministrative

Operazione Artemisia, ecco come si gestisce il potere in Sicilia

Possibilmente ci si può imbattere a Castelvetrano, così come in altri centri vicini, a convegni e marce contro la mafia. Qui, terra natia di quel Matteo Messina Denaro che rappresenta l’ultimo boss latitante di cosa nostra, l’ombra mediatica della criminalità organizzata si vede e si avverte: ma è un ombra che spesso copre quanto accade nei meandri del sottopotere che tiene in mano le redini del territorio.

L’operazione Artemisia portata avanti questo giovedì dai carabinieri di Trapani, dimostra come ad influenzare la vita politica ma anche quotidiana della Sicilia sono spesso gruppi e sottogruppi capaci di ramificarsi territorialmente in ogni ambito amministrativo.

Gli esempi possono essere davvero tanti. L’operazione Artemisia riguarda Castelvetrano ed il trapanese, ma è specchio di come in Sicilia viene percepito non tanto il potere quanto la gestione di un territorio. Nell’isola in questi giorni si parla molto delle 119 pagine che compongono la relazione della commissione regionale antimafia sul cosiddetto “sistema Montante”, il sistema cioè messo in piedi dall’ex presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante. Influenze sulle nomine politiche, sugli appalti, persino un archivio con alcune intercettazioni e legami con alcuni esponenti delle forze dell’ordine: una ramificazione, quella di Montante, che secondo i deputati, così come anche per gli inquirenti che lo scorso maggio lo arrestano, riesce ad instaurare un vero e proprio potere parallelo in grado di governare su gran parte della Sicilia.

In giro per l’isola non mancano altri casi del genere, come ad Agrigento ad esempio: qui nel gennaio 2018 viene rimosso il Prefetto in quanto coinvolto nell’inchiesta inerente la società “Girgenti Acque”, assieme ad almeno un ottantina di nomi. In questa circostanza, le indagini evidenziano come gli amministratori della società che gestisce il servizio idrico riescono, grazie ad una ramificata ragantela di conoscenze, ad evitare sentenze a loro controproducenti oppure atti interdittivi dalla prefettura.

Storie diverse e di diversi territori della Sicilia, ma accomunate da un inquietante filo comune impossibile al momento da spezzare: la gestione del territorio da parte di piccoli, medi o grandi gruppi di potere.

Nell’operazione Artemisia si evidenzia come la loggia che opera nel trapanese grazie a deputati, politici di vario rango e professionisti, riesce ad avere informazioni sulle indagini che coinvolgono i propri maggiori esponenti. È per questo motivo che finisce ai domiciliari l’ex presidente dell’Ars, Francesco Cascio, il quale viene informato sulle inchieste da Giovannatonio Macchiarola, segretario dell’allora ministro dell’interno Angelino Alfano.

Dal proprio territorio a Palermo, da qui si arriva poi fin dentro le stanze del potere romano: ecco in che modo operano e si ramificano i vari gruppi di potere che si spartiscono il territorio siciliano.

L’operazione Artemisia è importante ed ha importanti nomi tra gli indagati, compresi tre poliziotti e l’attuale assessore all’istruzione Roberto Lagalla. Al tempo stesso però essa appare quasi come la punta di un iceberg difficile da sciogliere anche al caldo del sole siciliano.

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