Ora c'è il rischio che tornino i falchi

I sondaggi elettorali non sono mai infallibili, ma quelli della Germania mostrano che il partito di centrodestra Cdu-Csu è crollato sotto il 25 per cento e non è in grado di fare una coalizione di centrodestra

Ora c'è il rischio  che tornino i falchi

I sondaggi elettorali non sono mai infallibili, ma quelli della Germania mostrano che il partito di centrodestra Cdu-Csu è crollato sotto il 25 per cento e non è in grado di fare una coalizione di centrodestra, con i socialdemocratici in minoranza. Invece i socialdemocratici possono fare una coalizione a maggioranza di sinistra, mettendo insieme il loro 24-25 e i Verdi, che sono il 14-15 per cento. Ma anche nel migliore dei casi, un ipotetico ma molto aleatorio coinvolgimento della sinistra estrema della Linke, a loro manca l'8%, che darebbe comunque luogo a una maggioranza risicata. Ecco così che debbono imbarcare, in posizione minoritaria, ma decisiva, i liberali della Fpd, che hanno un 11%. Essi costituiscono un ago della bilancia, facendo da contrappeso alla Linke e ai Verdi, che sono più a sinistra della Spd, la socialdemocrazia tedesca, che è, tradizionalmente, un partito moderato di centrosinistra. I liberali tedeschi invece non sono un partito moderato di centro come Forza Italia e i liberali inglesi, ma un partito di «falchi» rigoristi, come e più dei cinque premier dei Paesi cosiddetti «frugali». Ossia i due liberali conservatori, Sebastian Kurz, premier austriaco, e Mark Rutte, premier olandese, e i tre premier socialdemocratici di Svezia, Danimarca e Finlandia. La Spd, per bocca del suo leader, chiede il cancellierato, mentre i Verdi pretendono il ministero dell'Ambiente e altri dicasteri rilevanti per la battaglia climatica e per la salvaguardia del pianeta. È dunque naturale che i Liberali tedeschi chiedano - come hanno puntualmente fatto anche in sede di campagna elettorale - il ministero delle Finanze.

L'obiettivo è spostare l'ago della bilancia di Bruxelles in tre direzioni destinate a crearci seri problemi, forse al punto da mettere in discussione quella forte ripresa del Sistema Italia che già quest'anno si tradurrà in una crescita del Pil prossima al 6 per cento. Per avere contezza di quanto la partita sia delicata, basta pensare agli interventi in corso per le imprese in crisi, come Alitalia e varie altre, che vengono denominati aiuti di Stato illegittimi. Alla politica monetaria della Banca centrale europea, che fa interventi di acquisto di debito pubblico italiano per una quota maggiore di quella che noi rappresentiamo nell'euro, con il nostro Pil, perché più a rischio, dato il nostro elevato debito pubblico. Al Recovery Plan, in cui riceviamo una quota maggiore di quella che ci toccherebbe, basandosi soltanto sul criterio del Pil, perché abbiamo il Sud che è meno sviluppato del Nord.

Solo Draghi, l'unica figura di spicco rimasta in Europa, dopo il pensionamento di Angela Merkel, ci può difendere dal «falchismo» e dall'integralismo cieco nelle politiche di bilancio dei «frugali».

Ma non sarà facile, anche perché loro ci invidiano la crescita differenziale del Pil e il nostro successo nel commercio estero, che dipende in larga misura dal progresso tecnologico delle nostre grandi imprese, la cui competitività dà fastidio.

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